domenica 9 settembre 2012

La metamorfosi



Quella che giaceva nel tuo letto, ieri notte, era solo una bambina.
Forse, non era nemmeno un germoglio di donna, somigliava più a una creatura sospesa tra l’eterea purezza di un angelo e l’esuberanza terrena di un animale. Come una preda, quel piccolo Essere indefinito, è caduto nella tua rete d’amore, tessuta di voluttuosi fili di piacere.
La sua pelle d’odorosa cannella, i riccioli di soffice miele e le labbra di melograno maturo, si sono sciolti tra le tue mani come lava incandescente. Nemmeno una lieve peluria a velare il desiderio teneramente schiuso tra le tue dita già umide. Solo un acerbo accenno di capezzoli, timidi come boccioli di rose assetati di sole, a farti intuire la sua crescente eccitazione. Con una mano li contenevi entrambi, mentre con l’altra indugiavi tra i rivoli dei suoi umori, lasciandoti guidare dagli inconsapevoli richiami del suo corpo lascivo.
Dove la tua preda avesse imparato così precocemente l’arte del piacere non te lo spiegavi e quest’istintiva animalità ti rendeva febbrile e dolcemente violento, mentre lei ti risucchiava l’anima dal corpo. Forse, quella creatura era stata iniziata all’amore tra i gironi degli inferi, da serpi e diavoli, o forse tra le praterie dell’eden, da angeli e cherubini.
Qualunque fosse la sua natura, ti stavi rendendo artefice di una miracolosa metamorfosi. Quell’animale inconsapevole del suo potere stava per trasformarsi in una docile fanciulla, domata dal suo nuovo padrone sessuale. Le sue narici frementi tradivano l’incapacità di trattenersi, di resistere, di fingere. Perché gli animali, al contrario degli esseri umani, sono incapaci di fingere. E tu non hai più potuto aspettare … hai immerso lentamente la tua bronzea arma d’amore tra i petali schiusi, hai spinto fino in fondo a quell’involucro di spasmi bagnati, lasciandoti avvolgere da onde di carne e di umori selvatici. Hai lasciato che la tua lucida durezza lacerasse quel sottile velo spugnoso, che il tuo calore sciogliesse quel burro fondente, che i fiotti del tuo latte si mescolassero ai rivoli del suo sangue e inondassero quel corpo arreso fin nel profondo delle viscere.
Sei morto e rinato più volte nel suo candido languore, avvolto insieme a lei in lenzuola pregne di orgasmici svenimenti, cancellando per sempre le ceneri dell’inferno e gli arcobaleni dell’eden. Solo tu e lei, semplicemente, tra le stesse lenzuola che, in un’altra vita appena sfiorita, avevano eletto me, vittima sacrificale del tuo morboso piacere.
Ieri notte, tra le tue voluttuose braccia, giaceva una bambina.
Oggi è sbocciata una donna.
E un’altra è appassita.