lunedì 7 settembre 2015

Parlarsi



Resto convinta che spesso siano i libri a scegliere noi, e non noi i libri. Solo che lo scopriamo dopo, leggendo.
Scopriamo, cioè, l’esistenza di un filo invisibile che trascende spazio e tempo e allaccia i nostri moti d’animo, i nostri desideri, le nostre frustrazioni, il nostro mondo interiore a quello esteriore. Nessuno può provarlo, è vero, ma nessuno può altrettanto provare il contrario.
Così mi piace pensare che quel magico filo invisibile abbia oggi allacciato me e il libro di Eugenio Borgna “Parlarsi. La comunicazione perduta”.
Forse in risposta a un desiderio di ascolto, mi è capitato tra le mani questo breve saggio, scritto con l’abituale disarmante semplicità di chi sa scrutare negli abissi più oscuri dell’animo umano. Di chi sa che per far luce nel labirinto di quelle tenebre esiste un solo, prezioso strumento: la parola. Una comunicazione semplice, onesta, sincera, trasparente, vera. Una comunicazione che per poter funzionare ha bisogno innanzitutto di saper ascoltare.
Ma che cos’è in sostanza questa “comunicazione”, questa parola-marmellata, questa parola-valigia, come direbbero i linguisti? Non somiglia forse a un ponte? Un ponte fatto di lettere, di sillabe, di parole che pongono in relazione se stessi con gli altri. Ma il motore che sospinge le parole ad attraversare il ponte e tessere un terreno comune su cui incontrarsi è la passione: senza l’emozione la comunicazione sarebbe solo un involucro vuoto, incapace di dare e incapace di ricevere. Perché le parole sono creature viventi e pertanto hanno un cuore pulsante.
In ogni forma di comunicazione, e soprattutto in quella terapeutica, l’Io si confronta con un Tu nell’orizzonte di un Noi che fonde e trascende l’Io e il Tu in una nuova dimensione dalla quale si esce cambiati e non si è più quelli di prima. Nella vita non c’è solo qualcuno che parla e qualcuno che ascolta ma ci sono contemporaneamente – anche nel silenzio – un parlare e un ascoltare legati in una continua circolarità di esperienze che nascono dalla nostra capacità di emozionarci.
Anche se in questo libro Borgna volge, come sempre, uno sguardo privilegiato ai suoi pazienti e alla relazione squisitamente terapeutica, credo abbia molto da offrire anche a chi non vive necessariamente un contesto patologico. Esistono così tante forme quotidiane di sofferenza, spesso subdole, spesso invisibili ai nostri stessi occhi, magari travestite da seducenti miraggi, ammalianti spettri dal voluttuoso abbraccio che poi, alla fine, ci si rivoltano contro azzannandoci a tradimento, lasciandoci soli con i nostri frammenti di coscienza da ricomporre.
Ecco allora che in queste situazioni di inattesa sofferenza, di quotidiani travagli interiori, diventiamo tutti un po’ pazienti in affanno, bisognosi di parole, magari racchiuse in un libro come questo, magari donate da un amico lontano che ha imparato ad ascoltare.
Tutti abbiamo bisogno di parole.
Parole che curano, che leniscono ferite e mitigano dolori.
Parole che aiutano a capire.
Parole che aiutano a vivere.