domenica 8 marzo 2015

Un cielo fitto di stelle



“Ricordo che passato lo tsunami, quando ho aperto gli occhi, ho visto un vuoto desolante intorno a me, ma anche un cielo immensamente fitto di stelle sopra di me. Erano tantissime e bellissime. Allora ho pensato che tutte quelle stelle dovevano essere le vite umane cadute sotto lo tsunami e andate a brillare lassù. Per loro, noi sopravvissuti avevamo il dovere di ricominciare e di ricostruire insieme il nostro paese, il nostro futuro… ”
Questa è una frase toccante che ho ascoltato in uno dei  documentari trasmessi in questi giorni da un’emittente giapponese, NHK World, durante un’intervista a un sopravvissuto alla catastrofe dell’11 marzo 2011 in Giappone. Con voce ferma e sguardo limpido, l’uomo intervistato è riuscito a comunicare con dignitosa commozione l’essenza del modo di sentire e di pensare orientale, così lontano dal nostro.
L’inevitabile dolore che ogni essere mortale capace di soffrire vive di fronte a una devastazione di tale portata suscita reazioni così diverse a seconda della cultura e della religione in cui si è imbevuti. Noi occidentali, e soprattutto noi italiani, di fronte alla perturbante ribellione della Natura che ci ricorda quanto siamo minuscoli rispetto ad Essa, abbiamo bisogno di trovare subito un colpevole. Qualcuno contro cui scaricare tutta la rabbia che la nostra impotenza alimenta, perché giustizia sia fatta in un processo terreno dove ognuno s’improvvisa giudice divino, con tutte le infami speculazioni che ne conseguono.
Gli orientali invece, e soprattutto loro, i giapponesi, non hanno bisogno di trovare un colpevole ma una soluzione, perché si sentono parte della Natura anche quando si scatena contro ogni previsione. L’obiettivo si profila nitido, schietto, mentre ancora la catastrofe fa sanguinare le ferite aperte: bisogna rialzarsi tutti insieme per trovare il modo migliore di rimettere assieme i brandelli e trasformarli di nuovo in case, scuole, ponti, strade. “Insieme” è la parola magica che fa la differenza: uniti nello stesso dolore, noi ci azzanniamo per scagionare le nostre colpe e puntare il dito sulle responsabilità altrui. Loro si prendono per mano per ricominciare daccapo, subito, riuscendo a trasformare il dolore in volontà e la tragedia in coraggio.
Da ogni catastrofe può nascere un insegnamento. E ripensando alla frase di quell’uomo dalla voce ferma e lo sguardo limpido, penso che dovremmo tutti imparare a guardare con occhi nuovi un cielo fitto di stelle in una notte buia. Forse quel cielo ci aprirebbe gli occhi e ci aiuterebbe a vedere ‘oltre’ i nostri stessi limiti.