mercoledì 25 giugno 2014

“VERSO” MENFI, TERRITORIO “DIVINO”


Sorsi di cultura, arte e sapori nel cuore delle Terre Sicane
per vivere le eccellenze della sicilianità


 Se l’ombelico del Mondo è il Mediterraneo, l’ombelico del Mediterraneo è la Sicilia.
In particolare, quei territori verdeggianti che dalla provincia di Agrigento s’affacciano con 10 chilometri di sinuose spiagge sul Mar d’Africa rimandano proprio all’origine della civiltà umana, quando si viveva con grato rispetto dei frutti di Madre Terra. Terre Sicane si chiamano, dalla popolazione anellenica di origine iberica migrata qui intorno al XII secolo a.C., successivamente ellenizzata dai coloni greci a partire dall’VIII secolo a.C.
In questa culla paradisiaca benedetta dal sole sorgono i comuni di Menfi, Sciacca, Selinunte, Santa Margherita di Belìce, Montevago, Sambuca di Sicilia e Contessa Entellina, che con la loro impronta storica danno un senso compiuto al susseguirsi di verdi colline digradanti verso il Mare Africano. Viti, ulivi, agrumi, fichi d’india e ortaggi si abbeverano di quella linfa vitale che solo la mescolanza tra terra e mare sa creare, donando loro qualità uniche.
Questa particolare personalità climatica e morfologica delle Terre Sicane, insieme ai trascorsi culturali, ne fa un luogo privilegiato non solo per apprezzarne scenari e orizzonti ancora incontaminati ma anche per assaporare un’enogastronomia d’eccellenza che rispecchia la varietà di una tradizione coltivata con passione. Nei prodotti di queste Terre, infatti, c’è tutto l’amore di chi le coltiva, le cura e le rispetta: c’è l’anima delle donne e degli uomini che le custodiscono. Per questo si sente l’esigenza non solo di far conoscere all’Italia e al mondo questo patrimonio paesaggistico, culturale ed enogastronomico ma anche di tutelarlo, difendendo in particolare i prodotti della terra garantendone l’identificazione.
In occasione della XIX edizione di Inycon – il consueto evento dedicato a incontri culturali e degustazioni che ogni mese di giugno coinvolge Menfi – è stata illustrata un’iniziativa che riguarda proprio la tutela delle eccellenze made in Sicily. Alla presenza delle maestranze della città, nella pittoresca cornice di Casa Planeta, è stato ufficialmente presentato il marchio “Qualità Sicura Sicilia” un marchio attribuito a tutti i prodotti che garantiscano l’origine territoriale e osservino un disciplinare tale da poterli definire “siciliani” e di “qualità”. Dietro questo simbolo reclama voce la vocazione della Sicilia, anzi dei Siciliani, perché sono loro - i produttori - i primi artefici della qualità, spesso poco valorizzati in questa frazione di mondo tanto ricca per biodiversità quanto immeritatamente trascurata.
Manifestazioni come Inycon sono quindi un’occasione per parlare di Sicilia e invitare la gente ad assaporare in prima persona la qualità di questo territorio. Non solo vino, dunque. Wine tasting e degustazioni sotto le stelle, cortili animati da musica, arte e sapori, convegni letterari che vantano presenze illustri come quella recente di Marcello Sorgi e sfilate di moda sul red carpet di Piazza Vittorio Emanuele III sono appuntamenti golosi, e al contempo educativi, che richiamano l’attenzione di un pubblico sempre più sensibile al bello e al buono. Appuntamenti che, una volta chiuso il sipario, lasciano a chi ne fruisce il desiderio di approfondire la conoscenza di queste Terre per toccarne l’anima e cogliere il segreto che le rende così affascinanti.


Così, dopo una degustazione o una presentazione letteraria, viene voglia d’incamminarsi attraverso quei meandri disseminati in secoli di storia, ripercorrendone le vicende umane. Tra i comuni di Sciacca e Selinunte non mancano le occasioni per emozionarsi e innamorarsi di un passato che tuttora si esprime nell’arte. Ben note sono le ceramiche di Sciacca, le cui origini risalgono alla fine del 1200, ceramiche che ancora oggi vengono prodotte dai maestri ceramisti, come la tradizione impone. Affascinante anche la lavorazione del corallo, del quale alla fine dell’800 sono stati ritrovati tre giacimenti fossili, con cui vengono cesellati preziosi gioielli.
Il Parco Archeologico di Selinunte, invece, rappresenta un vero e proprio tesoro custodito in uno scrigno già prezioso. Come creature immortali sopravvissute al tempo, i resti di otto templi in stile dorico si ergono imponenti verso il cielo tra la brulla terra spruzzata qua e là da agavi, ulivi e fichi d’india. Risplendono sulle colline a ridosso del mare, naturale custode di questo museo all’aperto, infondendo al paesaggio un’aura sacrale. All’interno del parco, che è il più esteso d’Europa con i 18 ettari visitabili, è custodito il tempio di Demetra Malophoros, con il suo antiquarium, mentre al Museo Comunale è ospitato lo splendido Efebo Selinuntino. Si dice che sotto la superficie visibile altri tesori aspettino pazientemente d’essere resuscitati e si spera che le autorità competenti sappiano adeguatamente investire nella rivalutazione rispettosa e lungimirante di una cultura dal valore incommensurabile.


Anche questa è una sfida della Sicilia: riuscire ad esaltare le proprie ricchezze, non solo enogastronomiche, difendendone l’appartenenza per offrirle al mondo senza tradirne l’identità. Ma non si può dimenticare che il comune denominatore tra patrimonio artistico, paesaggistico e culinario è l’humus umano: sono i Siciliani a fare la qualità della Sicilia, in ogni sua declinazione. Per questo i ristoratori, gli albergatori, i cuochi e le guide turistiche sono, insieme agli agricoltori e ai pescatori, l’altro volto della ricchezza del territorio. Un volto fatto di passione, generosità e spirito di sacrificio con cui, per vocazione, il siciliano affronta ogni giorno il proprio lavoro. Una chiacchierata con queste persone straordinarie, una giornata trascorsa in loro compagnia assaggiando sarde alla brace, cous cous e sorseggiando un buon Grillo è già un ottimo motivo per visitare a Menfi e i suoi dintorni. Un’esperienza indimenticabile che solo la Sicilia sa regalare.


 Dove mangiare e bere
I ristoranti aggiungono al piacere del palato quello dello sguardo: immersi nel verde lussureggiante dei vigneti che si tuffano nel mare, o accoccolati sul dorso delle colline all’ombra degli ulivi, oppure a pochi passi dalle spiagge lambite dalle acque blu. Ai ristoranti più conosciuti, come La Foresteria Planeta Estate (www.planetaestate.it), Da Vittorio (www.ristorantevittorio.it) e Il Vigneto (www.ristoranteilvigneto.com), un tocco di originalità è offerto dalle Cantine De Gregorio a Sciacca. Nata attorno a una torre d’avvistamento del ‘400, la Cantina s’è trasformata in una location dall’atmosfera raffinata ed elegante, che mescola il pregio della storia con la genuinità dei sapori. Una cena qui è d’obbligo per gustare insieme ai padroni di casa la vera sicilianità e, soprattutto, la qualità di vini dall’impronta indelebile.
Altro appuntamento goloso è offerto dalla Cantina Agareno a Menfi, nata nel 1999, che ha saputo dare al vino menfitano un ulteriore slancio grazie alla sinergia di una famiglia armoniosamente dedicata al lavoro e alla valorizzazione del territorio.

Dove dormire
La Strada del Vino delle Terre Sicane offre resort e agriturismi per tutte le esigenze, dove il primo biglietto da visita è l’accoglienza dei padroni di casa. A “Casa”, è proprio così che ci si sente quando si è ospiti qui e senza nulla togliere alle numerose possibilità di soggiorno che Menfi e i suoi dintorni offrono, Casa Mirabile è tra le più piacevoli. Antico Baglio immerso tra gli ulivi, edificato nel 1800 e destinato in origine alla lavorazione del vino, Casa Mirabile è un Relais di 11 camere finemente ristrutturato grazie alla passione di Fabiola e Lillo Barbera che hanno riportato questo luogo a nuovo risveglio. Casa Mirabile, infatti, era un’Antica Riserva del XVII secolo, proprietà di un ricco nobiluomo agrigentino che la volle regalare alla sua adorata in segno d’amore. Scelse quella casa in collina affinché ella ogni mattina potesse svegliarsi guardando il mare protetta dalla calura sicula. Dal fascino del passato, alla seduzione del presente: oggi Casa Mirabile è più graziosa che mai. La sua cucina è una vera tentazione, condita di semplicità e genuinità, perché qui tutto viene direttamente dal mare e dalla terra tutt’attorno. Dalla prima colazione alla cena, Lillo coccola gli ospiti con il suo sorriso e con proposte fuori del comune, in un crescendo di piacevoli attentati alla gola cui è impossibile non cedere.

giovedì 19 giugno 2014

IL COLORE DELL’ARIA: TAMPA E I SUOI CONTORNI


Azzurre come il cielo, turchesi come il mare, verdi come le mangrovie…sono le sfumature della Florida più selvaggia




Atterrare a Tampa, capoluogo della Contea di Hillsborough nella Florida occidentale, infonde una sensazione di rassicurante calma piatta. Sarà per la sua lineare orizzontalità, le sue case basse e allungate che circondano come un abbraccio il centro vitale e commerciale, concentrato in una manciata di grattacieli. Sarà per la predominanza del verde che accoglie e dà fiducia a chi arriva. Gli edifici, infatti, sono alternati da un susseguirsi di laghi, fiumi, specchi d’acqua in cui si riflette l’esuberanza della vegetazione e il cielo terso sfrangiato di nuvole.
La prima sensazione è che qui, nonostante ci si trovi in uno degli Stati più produttivi dell’America (Tampa è la terza città industriale più importante degli USA), sia la natura la vera protagonista, e non l’essere umano. Guardandola dall’aereo, mano a mano che mi avvicino, mi viene in mente un pensiero di Leonardo Da Vinci che considerava i colori come i sentimenti: sfumare i colori sulla tela è un po’ come spalmare i sentimenti nel tempo. Ecco, Tampa sembra una tela tanto è piatta e suscita sentimenti tenui come il cielo e profondi come il mare.
Le due baie su cui si affaccia, la Old Bay e la Tampa Bay, sembrano volerla racchiudere e proteggere dall’Atlantico da un lato e dal Golfo del Messico dall’altro, mentre il fiume che l’attraversa, Hillsborough, pare infondere linfa vitale alle sue membra. Il ponte lungo e affusolato, il Bob Graham Sunshine Skyway Bridge, sembra un sottile filo d’argento che allaccia la città alla Contea di Pinella con le sue spiagge e i suoi villaggi colorati.

I trascorsi spagnoli e inglesi di Tampa sono evidenti soprattutto nella oldtown, dove spicca l’Henry B Plant Museum, ospitato in uno degli edifici vittoriani più imponenti della città, originariamente hotel di gran lusso. Mentre l’eredità cubana si respira piacevolmente nell’Ybor City, un quartiere molto originale, pittoresco in ogni suo anfratto, in cui le strade in acciottolato risalgono al XIX secolo e ancora oggi trasudano di aroma di sigari. Il quartiere nacque, infatti, con la prima manifattura per la lavorazione del tabacco che coinvolse la comunità cubana, abbondantemente presente qui, mescolandola con quella italiana, affine per temperamento e radici idiomatiche. In particolare, insieme ai cubani, sono i siciliani ad aver attecchito qui, con la loro inventiva e la loro nota passionalità, e ancora oggi in tutta la Contea si sente parlare un buffissimo idioma che dondola tra il siculo, l’americano e lo spagnolo.
Sono loro, i miei amici italiani trapiantati qui, a guidarmi alla scoperta della città, dei suoi parchi e delle sue spiagge, un privilegio che al turista comune non sempre è dato. Sono sopraffatta dall’ospitalità che mi viene riservata e l’infatuazione che avevo avvertito per questa città al mio arrivo si trasforma presto in consapevole innamoramento.
Come si potrebbe non innamorarsi del lago, su cui si affaccia la mia stanza: un tappeto di ninfee da cui pudicamente fanno capolino le otarie, mentre in superficie anatre, pellicani, egrets e martin pescatori aspettano pazientemente il pesce di turno. E’ l’incredibile varietà di vegetazione a rendere così altrettanto varia la fauna: laghi, fiumi e mare portano con sé querce e palme, conifere e banani, stimolando così un ecosistema unico per ricchezza. Tutt’attorno ai laghi, infatti, fin sulle strade e sugli alberi, non è raro imbattersi in anatre e egrets insieme a centinaia di scoiattoli che giocano a rincorrersi senza badare alla presenza umana, come se avessero imparato a sopportarla e tollerarla nonostante tutto. Qui a Tampa e nei suoi dintorni è evidente il rispetto dell’essere umano per la natura: gli animali non ci temono e pur stando a distanza di sicurezza non fuggono di fronte al nostro sguardo curioso.

A pochi minuti d’auto dalla città è possibile vivere un’esperienza ancora più entusiasmante se si ama la natura e l’avventura. Il Lettuce Lake Park, aperto nel 1982, è un parco naturale di 240 acri attraversato dal fiume Hillborough e ospita sentieri da esplorare a piedi o in bici e, per i più avventurosi, kayak e canoe per esplorare i segreti della natura dal suo ventre, dal suo cuore. La prospettiva da qui è assai più intrigante: pagaiare morbidamente tra mangrovie e ninfee, in silenzio per non violare la voce dei trampolieri che non si celano allo sguardo, anzi, fieri pare vogliano sfidare il nostro l’ingresso nel regno animale. Così, con rispetto e ammirazione, è facile arrivare quasi a sfiorare uccelli d’ogni foggia e colore, tartarughe scolpite in pose granitiche sulle rocce inondate di sole e poi loro, i coccodrilli, che con occhio vitreo puntano sornioni la canoa in avvicinamento e lentamente scivolano accanto a fior d’acqua procurando un piacevole brivido lungo la schiena. 


Tutto questo è emozionante, soprattutto trovandosi a pochi passi dalla città. Tuttavia, il Lettuce Lake Park non è solo un’indimenticabile avventura per escursionisti di passaggio ma un progetto di mantenimento e sviluppo di un ecosistema preziosissimo che, con le sue 300 specie di piante riconosciute, assicura la sopravvivenza alle centinaia di animali che vi abitano.



I dintorni di Tampa non sono adatti solo agli spiriti avventurieri ma anche a chi cerca la piacevolezza della soffice sabbia sotto i piedi, della brezza tra i capelli, della cucina tropicale e, perché no, anche dell’arte. La Contea di Pinella offre tutto questo.
Da Clearwater a S. Petersburg fino a Fort de Soto un rincorrersi di lingue di spiagge bianchissime invitano a una sosta sotto il sole. Anche da qui si è circondati dalla natura più spontanea e la presenza umana è limitata e rispettosa dell’ambiente: i gabbiani sono particolarmente audaci e voraci, mentre i trampolieri sfilano con la naturale grazie che la loro silhouette impone, mentre in acqua banchi di razze arrivano con le loro ali d’angeli fino ai nostri piedi in cerca di pesce. Non è raro avvistare anche qualche delfino a pochi metri dalla spiaggia e a quel punto ogni appetito di chi, come me, ha fame di natura, è accontentato.



S Petersburg è conosciuta anche per il Dali Museum, un museo interamente dedicato a Salvador Dalì disegnato e progettato dall’architetto Yann Weymouth of HOK. L’edificio, battezzato “L’enigma”, mescola razionalità e fantasia, e con i suoi 1062 triangoli di vetro che riflettono la luce del sole e l’azzurro del cielo sarebbe senz’altro piaciuto al pittore catalano, le cui opere sono molto apprezzate anche qui. Il “giardino matematico” che circonda il museo infonde un senso di quiete e i giganteschi baffi neri insieme alla panchina con l’orologio senza tempo completano l’atmosfera surreale facendo di tutta la struttura un’opera d’arte a sè.   


Anche il corpo tuttavia chiede il suo carburante, non solo lo spirito. Quindi, per gustare qualche piatto particolare della zona si può scegliere tra i tanti ristorantini che da Tampa a S Petersburg offrono pesce e fritti d’ogni tipo, crostacei e tiburon, in particolare lo squalo fritto che pare essere una vera prelibatezza. Se invece si cerca qualcosa di più singolare, dall’eco mediterraneo, si può arrivare fino a Tarpon Springs, un piccolo villaggio a nord di S Petersburg fondato da una comunità greca. Di Grecia qui c’è tutto: i colori pastello bianco-turchese, i profumi di dolci per le stradine, l’artigianato e i ristorantini che offrono il pesce appena pescato e, in particolare, il polpo alla griglia più famoso della zona. Tarpon Springs è tuttavia più conosciuta come la città della lavorazione delle spugne di mare che vengono pescate e manipolate con grande fantasia, tutta mediterranea.


Questo e molto altro è stata la Florida. E nonostante la pienezza di questo viaggio nel sud della Florida, lascio questi luoghi selvatici e poetici con una vaga sensazione di vuoto, sia perché mi mancheranno Tampa e i miei amici, sia perché ci sarebbe ancora così tanto da scoprire e da imparare… Non mi resta altro che partire con la promessa di ritornare, sicura di ritrovare quello stesso colore dell’aria che mi ha fatto innamorare! 

mercoledì 18 giugno 2014

“CHANGE LATITUDES, CHANGE ATTITUDES”: CAMBIARE LATITUDINE CAMBIA L’ATTITUDINE


Via giacca, cravatta e tacchi a spillo per scoprire in libertà la naturale bellezza del Sud della Florida

(prima parte)


Ogni viaggio è unico, come un’opera d’arte che non ammette repliche. Visitare luoghi già esplorati e amati comporta sempre il rischio di una sottile delusione, perché qualcosa inevitabilmente cambia col tempo, fuori e dentro di sé.
Eppure, tornare a Culebra dopo soli tre mesi non ha reso più tenue il mio innamoramento per quest’isola caraibica sconosciuta ai più che, anzi, ho ritrovato ancora più affine a me. Ancora più calda, ancora più invitante, e se pensavo di avere visto già tutto su questa terra rubata al mare mi sbagliavo. Mai sottovalutare le isole, perché come le creature solitarie sono scrigni di sorprese, per chi sa ben cercare. E infatti a Culebrita sono stata guidata da un avventuroso indigeno alla scoperta di un angolo sconosciuto ai più, per via del difficile accesso che ne preserva la naturale bellezza. Così, questa volta, lasciandoci alle spalle la candida Playa Kennedy, ci siamo incamminati tra rocce e mangrovie e dopo un percorso non proprio agile siamo finalmente approdati alla meta agognata, la piscina naturale: una vasca creata dalle rocce in cui le onde s’insinuano in un costante fluire schiumoso creando un gioco spontaneo di vortici, risucchi e gorgoglii. Uno spontaneo idromassaggio nato dalla natura, di cui godono i minuscoli pesci dai colori iridescenti che trasformano la vasca in un acquario a cielo aperto, avvolto dall’oceano e nascosto allo sguardo umano. 


Il privilegio d’immergersi qui compensa la difficoltà di raggiungere quest’angolo ameno e per un attimo ho avuto la sensazione dolcemente inquietante di ricongiungermi con l’utero materno: quel galleggiare nel nulla come nel liquido amniotico mi ha procurato un primordiale piacere risvegliato dal mare.
Così, grazie anche a quest’inattesa rivelazione, il mio secondo viaggio a Culebra mi ha dato la certezza che al prossimo ritorno l’isola avrà in serbo altre nuove emozioni. Del resto qui è “casa” ormai per me e la casa è un sentimento che non tradisce. Solo con questa segreta certezza ho potuto lasciare l’isola senza lacrime, del resto il viaggio sarebbe proseguito verso nuovi panorami, esteriori e interiori: la Florida, the sunshine State.

Gateway to the Keys: da Key West a Miami
Lasciati Culebra e Puerto Rico, il viaggio ha preso la rotta di Key West, la punta più a sud della Florida a poche bracciate di mare da Cuba. Ecco che il paesaggio cambia completamente rimescolando i moti d’animo che dalla conturbante sensualità culebrense si colorano di stravaganti eccitazioni. Vale la pena percorrere in auto il tratto di strada da Key West a Miami, con la lentezza che i limiti di velocità impongono, a vantaggio dello sguardo che scorre quieto sulla piattezza azzurra dell’orizzonte. Un filo d’asfalto grigio sembra squarciare in due l’oceano, quasi a voler simbolicamente dividere l’Atlantico dal Golfo del Messico. 


Ci si ritrova in’immensa bolla blu in cui le auto avanzano pazientemente per raggiungere le mete più effervescenti della Florida, in cui la mondanità più eccentrica convive incredibilmente con la natura più selvaggia. Da Key West, 42 ponti collegano la città a Big Pine Key, Marathon, Islamorada e Tavernier fino a Key Largo con il suo Crocodile Lake Wildlife Refuge, e lungo tutto il percorso la natura sembra aver messo d’accordo mare, terra e esseri umani. Straordinaria è infatti la convivenza di una vegetazione fitta e provocante con il mare e la sua barriera corallina: mangrovie, palme e conifere resistono alla presenza umana e gli animali sono i veri padroni di casa qui, coccodrilli compresi che pullulano apparentemente indisturbati fino a trionfare negli Everglades, alle porte di Miami.
Il punto di partenza è dunque Key West, una delle città più ricche d’America nel 1890, caduta in bancarotta nei seguenti anni Trenta. La Old Town attorno a Mallory Square rievoca il suo passato spagnoleggiante e il contrastato rapporto tra America e Cuba. 


Mentre il piacevole susseguirsi di edifici in stile coloniale color pastello rende palpabile la presenza di Hemingway, rievocato in un misto di storia e di leggenda dai numerosi locali sempre affollati, primo tra tutti il famoso Sloppy Joe’s Bar. Qui la vita sembra un gioco inventato da una pagina di libro, un gioco colorato, come le piante flamboyant che rosseggiano imponenti tra palme da cocco e soffici banani: un drink al vento caldo del tramonto, musica che ritma le ore, infradito ai piedi, sole sulla pelle, sale tra i capelli e tanta, tanta voglia di dimenticarsi del resto del mondo per vivere così: easy going! Guardando l’indolente allegria che dipinge i volti delle persone pare proprio vero che “change latitudes, change attitudes”, ovvero che cambiando latitudine cambia l’attitudine … l’attitudine alla vita che scorre più leggera se consumata su queste spiagge dove il dolce far niente sospinto dalla brezza marina diventa pericolosamente disarmante. Un calcio a giacca e cravatta, a tacchi alti e inutili sfoggi e via, un tuffo nella semplice dimenticanza del senso del dovere, della formalità, della rigida apparenza per gustare l’illusoria sensazione d’essere liberi, definitivamente se stessi. 


Quei tramonti rosso fuoco che sfumano nell’indaco inducono alla tentazione di voltare davvero le spalle al mondo per rinascere qui e vivere alla giornata, dimentichi di chicchessia, nella più adolescenziale libertà. Spiare i volti della gente che si raduna al Westin Sunset Pier, tutti con lo sguardo rapito dal sole che muore nel mare, mi fa pensare come sia bello condividere realmente lo stesso panorama, in un mondo in cui la condivisione è banalizzata dalla virtualità. Si sprofonda in una contemplazione qui, una contemplazione che porta lontano: c’è chi pensa, chi sogna, chi ricorda, chi spera, chi ringrazia, chi semplicemente si bea d’essere parte di un attimo fuggente sbalzato tra il cielo e il mare, tra il giorno e la notte, magari accanto a chi si ama. 
Tuttavia, dopo ogni tramonto giunge puntuale l’alba a rischiarare le idee con la sua lucida poesia! E così anche una città ebbra di rosea stravaganza come Key West svela altri volti accattivanti più impegnati. Non alludo al Southernmost Point Buoy, il luogo dove posa la boa più fotografata al mondo per essere il punto degli Stati Uniti più vicino a Cuba. Penso piuttosto a una visita al Fort Zachary, per esempio, per rivivere le suggestioni di una fortezza della metà dell’Ottocento circondata da un immenso parco naturale popolato da iguana e uccelli tropicali; al Mel Fisher Treasure Museum, che invita ad esplorare i tesori dei galeoni spagnoli Atocha e Santa Margarita; all’Harry Truman Little White House, il museo presidenziale di Key West, in origine il luogo dove Truman visse la sua stagione governativa. Imperdibili poi il Key West Aquarium, per ammirare delfini e tartarughe marine (anche se l’oceano è ovviamente l’esperienza migliore), e il Key West Butterfly Conservatory, dove centinaia di farfalle dai colori surreali animano un lussureggiante giardino botanico che pare un quadro di Mirò costellato da uccelli tropicali e fenicotteri rosa.



Il mare è l’altra attrattiva di Key West con tutte le opportunità di pesca d’altura e di immersioni al reef che l’Atlantico offre e lo confermano anche i ristorantini della città: un pullulare di locali variopinti e allegri di musica in cui trionfano granchi, aragoste, gamberi, grouper, snapper e tiburon (lo squalo fritto è una prelibatezza da queste parti, insieme al gator, l’alligatore). Al Stoned Crab Restaurant, per esempio, a due passi dall’Hotel The Inn at Key West,  si può consumare il miglior granchio della città, oltretutto senza troppi sensi di colpa, perché il granchio qui non viene ucciso (così dicono) ma viene privato di una sola chela, la cui amputazione non provocherebbe (così assicurano) alcun danno (?). 

Un altro curioso ristorante alle porte della città è il Thai Life, un ristorante fluttuante, una vera e propria barca dove si possono gustare le migliori prelibatezze thailandesi condite da tramonti senza eguali. Chi invece volesse calarsi nei sapori e nelle atmosfere tipicamente cubane non può perdersi una cena a El Meson de Pepe, una riproduzione in miniatura de La Habana, con i suoi piatti, i suoi sigari, la sua musica e il suo rum.


Prima di proseguire il viaggio verso la prossima meta - Tampa e i suoi dintorni - ecco alcuni indirizzi utili per vivere direttamente sensazioni ed emozioni che le parole possono solo timidamente suggerire. L’importante è partire!
The Thai Life Restaurant http://thailifekeywest.com/
The Inn at Key West Hotel http://theinnatkeywest.com/