sabato 27 aprile 2013

Daniele e i miei 5 sensi

Daniele Pugliese » Blog Archive » Paola e i 5 sensiwww.danielepugliese.itDaniele Pugliese, torinese, movimento studentesco in gioventù, oltre trent'anni di carriera giornalistica sulle spalle, ha all’attivo numerose pubblicazioni, da solo o con altri: una monumentale storia del Pci, un saggio sulla nascita del movimento cooperativo ed un altro sulle fortune del sigaro to...

Il Puledro Nero



A volte è utile sguinzagliare la mente. Scodinzolare tra pensieri apparentemente illogici per scoprire la loro nascosta razionalità.
In questo libero scorazzare della mente, possono essere di grande ispirazione gli animali, tutti gli animali, dagli insetti ai pachidermi. Certo, avere la fortuna di vivere accanto a un animale domestico, un gatto, un cane, ma anche un coniglio o un cavallo, dà la possibilità di osservarlo per imparare a leggerne il linguaggio. Chissà mai che gli animali, attraverso i loro movimenti, non vogliano costantemente trasmetterci dei messaggi che vanno oltre l’assenza di uno scambio linguistico! Vinta la naturale presunzione di una millantata superiorità della specie umana sulle altre, avremmo l’opportunità di allargare finalmente i nostri orizzonti: facendoci più piccoli, paradossalmente diventeremmo più grandi.
La convinzione che gli animali, e persino le piante, siano in grado di comunicare con noi nonostante le nostre “ignoranze” nei loro confronti sta prendendo sempre più autorevolezza nel mondo scientifico. Eppure, questo pensiero vien da lontano, molti filosofi in passato hanno intuito l’esistenza di grammatiche naturali che noi esseri umani non siamo in grado di interpretare. Un esempio del nostro retaggio culturale più recente ci è offerto da Wittgenstein, il quale nel 1951 a Cambridge, ormai malato terminale di cancro alla gola, si mise a leggere un libro importante. Questo libro era “Il puledro nero” scritto nel 1877 dall’invalida Anna Sewell per istruire la gente sulle sofferenze patite dai cavalli. Potremmo dire che il libro di Anna fu il precursore di “La macchina degli abbracci” di Temple Granding, con il merito di basarsi essenzialmente sulla sensibilità e sull'intuito, senza alcuna base scientifica.
Wittgenstein era sempre stato interessato alla visione delle creature animali nei confronti del mondo. Nel suo “Ricerche Filosofiche” compaiono una papera-coniglio, un’oca, una mucca, un leone e un cane ipocrita. Quando alloggiava in un remoto cottage sulla costa occidentale dell’Irlanda, amava addomesticare pettirossi e fringuelli, affinché mangiassero dalle sue stesse mani. Si pensa addirittura che il filosofo soffrisse della sindrome di Asperger, dato il suo ossessivo bisogno di ordine e prevedibilità, preferendo la bucolica compagnia degli animali alla complessità dei normali affari umani.
Da qui, forse, il suo interesse per “Il Puledro Nero”. L’innovazione stilistica di Anna Sewell era molto audace all’epoca ma quanto mai attuale oggi. L’autrice introdusse la narrazione dal punto di vista dell’animale, che parlava in prima ‘persona’, annunciata dal sottotitolo in copertina: “Tradotto dall’equino”. Così, in questo libro che ha sedotto anche Wittgenstein, si legge della vita lavorativa del cavallo Beauty e dei rapporti con i padroni umani, a volte gentili ma più spesso crudeli. E alla fine del libro, il cavallo viene portato al pascolo, finché nell’ultima pagina trova finalmente il suo anelato equilibrio:
“Willie mi parla sempre quando può, e mi tratta come un amico speciale. Le mie signore hanno promesso che non sarò mai venduto, dunque non ho nulla da temere, e qui la mia storia finisce. Le mie traversie sono terminate e sono a casa; e spesso prima di svegliarmi del tutto, fantastico ancora di essere nel frutteto di Birtwick, sotto i meli con i miei vecchi amici …”
Beauty, tutto sommato, è stato un cavallo fortunato, molto più di altri oggi. Pensiamoci ogni tanto, pensiamo agli animali dal loro punto di vista, non dal nostro. Pensiamoci e ascoltiamoli! Perchè ogni tanto fa bene sguinzagliare la mente…scodinzolare tra pensieri apparentemente illogici per scoprire la loro nascosta razionalità.  

martedì 23 aprile 2013

Socialing



AL VIA IL PRIMO EUROPEAN SOCIALING FORUM
Nasce il “Socialing”, un nuovo modello di sviluppo economico e culturale proposto per dare una risposta concreta ecosostenibile ai cambiamenti in atto nella nostra società.
Il 15 maggio, al Palazzo delle Stelline di Milano, saranno chiamati alcuni tra i più autorevoli esponenti del mondo accademico, imprenditoriale e istituzionale, per celebrare una giornata di riflessione e confronto sul tema del “socialing”. Ideatore e coordinatore del progetto è Andrea Farinet, Docente di Marketing Relazionale e Psicologia del Consumo all’Università Cattaneo di Castellanza (LIUC). Forte di una squadra di appassionati collaboratori esperti dei meccanismi economici, sociologici e culturali della nostra società, il progetto s’affaccia all’Expo 2015 con l’intento di offrire a organizzazioni e imprese nuovi approcci etici di produzione e distribuzione, a partire dall’agricoltura ma non solo, per rivolgersi al cliente in maniera sempre più attenta e sensibile. “I tradizionali modelli capitalistici e le strategie di business devono essere profondamente ripensate alla luce di una visione nuova capace di creare consenso intorno a un modello di economia partecipativa”, spiega il Professor Farinet. L’intento è mettere al centro delle priorità di mercato le reali esigenze delle persone per ristabilire il primato della dimensione umana e del benessere rispetto al puro valore economico e dell’avere. Risulta imprescindibile in questo ambizioso e necessario cammino fare un umile atto: spostare l’attenzione dai propri egotismi e tornare a nutrire profondo rispetto per la nostra Terra, Terra intesa come Pianeta e come Terra Coltivata da conoscere e tutelare.
Partendo da questi propositi, saranno varati tre strategici progetti che renderanno ancora più concreto il panorama culturale di Expo 2015: “Chilometro Verde”; “Dieci Filiere per salvare il mondo”; “Carta Universale dei Diritti Della Terra Coltivata”.
Tra gli illustri ospiti del Forum del 15 maggio parteciperà anche la nota ambientalista indiana Vandana Shiva, Presidente dell’International Forum on Globalization.
Info: www.socialing.org

mercoledì 17 aprile 2013

I quattro viaggiatori



Quando si parte per un viaggio, sono almeno quattro le parti di Sé che si spostano. E spesso, ognuna si muove con un mezzo, con un ritmo e persino verso una meta diversa.
La prima è il corpo e il suo mezzo di trasporto preferito è l’aereo, perché ha fretta d’arrivare laddove deve e auspicabilmente vuole.
La seconda è la mente e il suo mezzo ideale è il treno, perché l’incedere costante e cadenzato dinanzi allo scorrere del paesaggio induce alla lenta riflessione.
La terza è il cuore e il suo mezzo prediletto è la barca a vela, perché è agile e leggera, capace di sfidare i venti a costo di naufragare negli abissi, ineluttabilmente fluttuante proprio come i sentimenti.
Infine, la quarta è l’anima e il suo mezzo di trasporto è indifferente, perché lei si muove serendipicamente in uno spazio e in un tempo senza regole né confini. Forse, i viaggi più lunghi e avventurosi che affronta sono quelli in cui Lei resta. Magari, alla perpetua ricerca di Sé, nostalgicamente ancorata al caldo letto su cui, prima o poi, anche il corpo, la mente e il cuore finalmente si ricongiungeranno.

mercoledì 10 aprile 2013

Simenon Simenon: SIMENON APPRENDISTA PSICHIATRA?

Simenon Simenon: SIMENON APPRENDISTA PSICHIATRA?: Ormai ne abbiamo parlato parecchie volte. L'interesse di Simenon per lo studio e gli studiosi della psiche umana, di quel subconscio ...

La cucina del Dottor Freud



Credevo di aver letto ormai tutto di Sigmund Freud. E invece no!
Ecco che per caso, sfogliando un libro recente di psicoanalisi, m’imbatto nella citazione di un titolo che manda letteralmente in subbuglio le mie papille mentali: “La cucina del Dottor Freud”. Una vecchia edizione di Raffaello Cortina, esattamente del 1985, che ancora riporta in quarta di copertina il prezzo in Lire, fantastico! Lo devo avere … lo ordino … è mio!
E’ stato merito di James Hillman il ritrovamento di questo golosissimo malloppo freudiano - titolo originario “Freud’s own Cookbook” - completamente dedicato a ricette di cucina raccolte a tema e piluccate qua e là durante i viaggi, gli inviti ma anche le sedute analitiche del Dottore che, evidentemente, oltre ai sogni annotava i menù dei suoi pazienti. Ricette raccontate con dovizia di dettagli e soprattutto introdotte e chiosate da aneddoti divertenti, spesso pungenti o piccanti, nello stile impeccabile dello “scrittore” Freud.
E’ inevitabile, infatti, in queste pagine l’intreccio tra il piacere del sesso e il piacere del cibo – di cui la bocca è la sublime sintesi - raccontato con un’ironia e un’autoironia talmente raffinate da trasformare il vecchio e severo padre della Psicoanalisi in un amabile e intrigante intrattenitore, con cui magari sperimentare in intimità qualche seducente ricetta!
Del resto, questo era lo scopo di Freud quando in tarda età scrisse questo manoscritto, il quale “ … vuole essere un contributo al principio del piacere nella vita quotidiana. Sembra già quasi un secolo da quando la psicopatologia venne esplorata e analizzata. E adesso basta! Alla mia età chi vuole ancora sentir parlare di seccature? Di problemi ne ho avuti fin troppi. Pensare invece a un buon piatto, al menù di domani, alla possibilità di appagare ancora un desiderio, questa è la fonte e la soddisfazione di una lunga vita ben vissuta.

… To be continued …

lunedì 8 aprile 2013

Il pollo di Newton



La cena era in tavola da tempo ormai ma Isaac Newton, immerso nei suoi studi, non si era ancora mostrato in sala da pranzo. L’amico William Stuckeley era sempre più impaziente e affamato. Alla fine sollevò il coperchio dal piatto scoprendo un pollo. Se lo mangiò tutto, poi furtivamente rimise a posto il coperchio. Alla fine Newton arrivò, salutò l’amico e si mise a tavola. Sollevò il coperchio e vide che sul piatto erano rimaste le ossa. Serafico, commentò: “Come siamo distratti noi filosofi. Ero proprio convinto di non aver ancora mangiato!”
Questo gustoso aneddoto riportato da Massimiano Bucchi nel suo libro “Il pollo di Newton,” edito da Guanda, esprime la concezione che la figura dello scienziato ha alimentato per molto tempo nell’immaginario collettivo. Quella, cioè, di un corpo essenzialmente ascetico e di una mente tanto sublimata nel ragionamento astratto da dimenticarsi completamente di dettagli materiali, come il cibo appunto. Eh, sì, perché perdere tempo a mangiare quando c’è così tanto cui pensare?
Tuttavia, paradossalmente questo episodio rivela anche quanto sia stretta la relazione tra scienza e cucina: pur considerandola indegna di un filosofo, la cucina - ovvero il piacere del cibo - è ritenuta responsabile delle sue distrazioni. Dunque, la sua importanza diventa logicamente incontestabile.
Di fatti, Massimiano Bucchi – docente di Scienza, tecnologia e società all’Università di Trento – dimostra che la scienza s’inserisce in cucina non tanto come incomprensibile fattucchiera dello straordinario, quanto come semplice manifestazione dell’esperienza quotidiana. Basterebbe osservare come la maionese riesce ad addensarsi oppure a impazzire per intuire che la riuscita o il fallimento della preparazione dipendono essenzialmente da questioni chimiche, molecolari, dunque scientifiche. 
Di conseguenza, se la scienza è sempre stata a fianco della cucina, il palato, insieme al naso, è sempre stato strumento conoscitivo per eccellenza, non meno sensibile e affidabile dell’armamentario sperimentale con cui la natura è abitualmente interrogata.
Attraverso una serie di aneddoti davvero gustosi – da Francis Bacon a Isaac Newton, da Benjamin Franklin a Louise Pasteur – Bucchi non solo svela le inattese modalità di intersezione che tuttora esistono tra scienza e cucina ma offre anche un’interpretazione dei rapporti tra scienza e società nel corso dei secoli. Infatti, allorché la scienza si afferma sul piano sociale come istituzione di rilevanza e autorevolezza, diviene anche un modello cui la cucina può ispirarsi (basti pensare all’attuale cucina molecolare). Dal canto suo, la cucina può essere considerata anche come un’opportunità di divulgazione seduttiva di contenuti scientifici altrimenti poco digeribili da tutti.
A proposito: sapete tutti, vero, perché la maionese impazzisce?