mercoledì 5 marzo 2014

PASSAPORTO PER IL FUTURO



Mi spaventa confrontarmi con persone che per scelta, nella vita, non desiderano viaggiare. Sottolineo per scelta, non per mancanza di possibilità.
Questa consapevole e ostentata assenza di curiosità, questa mancata voglia di apertura, di avventura, di condivisione e anche di rischio, perché no, non solo sa di presunzione intellettuale ma di povertà spirituale.
Il pregiudizio che talvolta s’annida dentro di noi nei confronti dell’altro-da-noi, soprattutto se straniero, se lontano, se ovviamente per definizione ‘diverso’, prospera pericolosamente beffardo quando non interviene l’antidoto del viaggio, rendendoci ciechi e sordi. Certo, si può anche viaggiare restando tuttavia ciechi e sordi, ostaggi delle proprie barriere mentali, ma almeno si offre una possibilità al seme dell’incertezza di attecchire e rendere fertile un terreno arido. Dipende da come si considera il viaggio!
Viaggio come strumento, non come fine. Come siero, enzima, come cura ... Viaggio come mezzo per ridisegnare il profilo di ciò che si conosce fuori, arricchendo l’orizzonte spaziale e temporale con altri sempre nuovi, ma anche dentro, perché le idee, i pensieri, le opinioni, le emozioni e i sentimenti si plasmano, si aggiustano, si colorano, si contaminano in un continuo fiorire e rifiorire quando si entra in contatto con altre culture. 
Partire dimenticandoci un po’ anche di chi siamo, portando appresso solo il minimo indispensabile e lasciando a casa abitudini, gusti, ingessature e ‘occhiali’ distorcenti…così da assorbire il nuovo senza paura, il diverso senza diffidenza, e metabolizzarlo come parte naturale dell’universo. Esattamente come siamo noi!
Questo spero di avere insegnato al mio bambino, oggi quasi diciottenne. Non considerare la vacanza come una parentesi d’assenza dalla quotidianità per poi ritornare e chiuderla in un file d’immagini sbiadite da mostrare ogni tanto come memoria o come trofeo … No!
Ogni viaggio è un mattone che costruisce la tua vita, interiore, intellettuale, emotiva. E la calce che tiene insieme questi mattoni è fatta di ascolto, di rispetto, di umiltà, con la consapevolezza che ogni conoscenza è un contagio reciproco: quando entriamo in un’altra terra siamo ospiti e non a casa nostra. Presentiamoci, dunque, sempre con il sorriso, chiedendo permesso e dicendo grazie, perché l’atteggiamento che usiamo nei confronti dei padroni di casa è specchio della considerazione che di loro abbiamo e senz’altro sarà apprezzato e ricambiato quando i ruoli saranno invertiti. Questo è il vero passaporto per il futuro e solo in questo modo, dire “buon viaggio” acquista un valore…un valore inestimabile per chi visita paesi stranieri e per chi viene visitato.
Buon viaggio, dunque … al mio bambino, a me stessa, al mio compagno di viaggio e a tutti quelli che, per scelta, ogni volta partono consapevoli di vivere un'occasione unica per crescere.