lunedì 16 maggio 2016

Sabbie mobili


Sedurre era la sua missione. Fare innamorare, il suo destino.
“Io sono come le sabbie mobili – amava dire di sé con la disarmante malizia di chi si finge vittima del proprio potere - Chi si imbatte in me sprofonda perdutamente nei voluttuosi meandri del mio essere. E non ne esce più.”
Ed era vero.
Gli uomini che avevano la ventura di attirare il suo interesse finivano puntualmente per perdersi in lei, scivolando dentro un pozzo senza fondo, fatto di passione, di piacere e di amore. Un erotismo raffinato emanava da un corpo guizzante che pareva disegnato dalla mano perversa di un satiro gentile. Bellezza e sensualità, dolcezza e animalità si intrecciavano in un alchemico intruglio dalle note di assenzio, oppio e cantaride. Un cocktail inebriante, penetrante e devastante che riportava alla giovinezza, alla felicità, alla vita.
La sua voce era come la sua pelle, velluto.
Il suo sguardo come il suo tocco, fuoco.
Il profumo della sua bocca come il sapore delle sue labbra, miele.
Quale uomo avrebbe potuto resistere al tentacolare risucchio del suo desiderio? Nessuno.
Eppure lei, giovane creatura dall’animo felino, era difficile: sceglieva dal mazzo solo carte molto alte e dettava sempre lei le regole del gioco. Non era certo l’avvenenza fisica che la sollecitava in un maschio, ma un qualche cosa di inspiegabilmente intrigante che parla contemporaneamente al cervello, al cuore e all’utero.
Pochi uomini, in verità, superavano l’esame e meno ancora riuscivano a mantenere vivo il suo ardore dopo la fiamma prepotente della prima conquista. Forse li aveva amati tutti, o forse nessuno. Fatto sta che quando lei si stancava di giocare, gettava via la carta per sempre e ne puntava un’altra. Mentre loro, come tanti jolly scoloriti, continuavano ad annaspare in quelle sabbie mobili dense di penetranti umori e di umidi sospiri … innamorati, persi, sfiniti.
Sedurre era la sua missione. Fare innamorare, il suo destino.

Ed ora che lei è profondata nelle sabbie mobili della vecchiezza, resta aggrappata all’unica àncora di salvezza: il ricordo di una vita vissuta senza rimpianti, nella pienezza di un’eterna giovinezza.