giovedì 3 dicembre 2015

Gioco di specchi


Mi domando se siano i paesaggi a colorare le nostre emozioni o viceversa.
Se un cielo gravido di grigio possa essere artefice di un inspiegabile malessere interiore, oppure se sia un’inconsapevole negatività emotiva a rendere quel medesimo cielo minaccioso ai nostri occhi.
E che dire di un languido lago rassegnato all’abbraccio dell’inverno? Ai più, un paesaggio lacustre che galleggia nella stagione più arida di colori suggerisce indolenza, tristezza, melanconia. Persino depressione. A pochi altri, invece, il lago d’inverno rassicura e accompagna con la sua muta quiete una palpabile serenità interiore.
Allora penso che forse questo dialogo silente tra i nostri stati d’animo e gli scenari in cui ci immergiamo altro non sia che un gioco di specchi. Noi vediamo fuori ciò che siamo dentro.
L’importante è non abituare lo sguardo, non lasciarlo addormentare davanti alle sfumature dei paesaggi apparentemente immobili, perché anche quelle più impercettibili sono messaggere di vitali vibrazioni.
E’ lo sguardo capace di stupirsi, di emozionarsi e di innamorarsi ogni volta, anche davanti allo stesso panorama, quello che sa cogliere la poesia della Natura, sempre e comunque. Che sia un cielo gravido di grigio, o un lago sprofondato nell’inverno.

E lo stupore, si sa, è quel colore che rende tutto migliore. 
Dentro e fuori.