lunedì 27 giugno 2016

Il diavolo innamorato


Ma se il diavolo, invece di sbriciolare il linguaggio e il pensiero come fa quando consegna il cervello alla schizofrenia, di lui se ne innamora? Bel guaio davvero.
Bel guaio quando un complesso autonomo della psiche si travasa intero nell’anima, dando alla mente l’impressione di essere oggetto del suo desiderio. Vaneggiare la vita sarà cosa garantita.
Inutile negarlo. Il processo individuativo non è per tutti. Occorrono una spinta e talenti particolari per andare oltre il piano naturale e cercare un superiore piano di verità. Inoltre occorre saper sostenere una quota più o meno grande di solitudine spirituale.

Dal libro di Carla Stroppa, “Il doppio sguardo di Sophia. L’eterno femminino e il diavolo nella vita e nella letteratura”

Un viaggio dentro se stessi attraverso la bellezza della lettura, un’occasione per ripensarsi attraverso lo sguardo di chi vede oltre, un piacere da condividere con chi sa ascoltare e persino capire.


domenica 26 giugno 2016

Il mio 'doppio'


Perché si prova spesso turbamento per il ‘diverso’, il ‘folle’, lo ‘sconosciuto’, il ‘buio’?
Forse perché in fondo sappiamo che la diversità e la follia dell’altro non sono che il riflesso di qualche cosa che alberga anche in noi. Riconoscerlo ci costringerebbe a un doloroso faccia a faccia con l’ombra, con il buio, appunto, che come una serpe silente s’annida nel sottobosco dell’animo umano. Anche nel nostro, dunque.
Eppure senza questo confronto non si cresce, non ci si individua, non si evolve e così imbevuti in una palude di sconfinata ipocrisia si continuerà a provare turbamento per i nostri stessi fantasmi cacciati ingiustamente sottoterra e resuscitati via via nelle comparse della nostra mortale esistenza.
Il nostro ‘doppio’ con tutte le sue stravaganze è invece una ricchezza, un tesoro inestimabile da conoscere, curare e amare perché ci completa e ci consente di diventare davvero liberi.

Liberi di accettare, accogliere e amare il diverso, il folle, lo sconosciuto e fare luce su un buio che, scevro di inutili fardelli, di sensi di colpa e di vergogna, diventerà nostro fedele alleato nella ricerca delle gioie e dei piaceri di una vita davvero vissuta.

sabato 25 giugno 2016

Puntino giallo


Pagaiare in solitudine lascia il tempo per pensare.
Anzi, non è nemmeno un ‘pensare’ ma un ‘sentire’. 
Uno scorrere liquido di immagini, di sensazioni, di emozioni che affiorano in superficie con lieve naturalezza così come l’acqua del lago si fa d’incanto docile al passaggio fluido del kayak. Vagabondare per qualche ora in compagnia solo di se stessi, manifestarsi in un minuscolo puntino giallo sospeso a metà tra nuvole e vento, può essere un’occasione privilegiata per guardarsi in faccia e dirsi tutta la verità.
Infiniti attimi di solenne ricongiungimento con la natura, non solo quella meravigliosa che incornicia la nostra effimera presenza, ma anche quella più greve, complessa, contradditoria, torbida, fatta di ombre, graffi e contrasti impossibili da affogare nel mare piatto dell’oblio. 
E quando finalmente, un colpo di pagaia dopo l’altro, si arriva a toccare il fondo umanamente esperibile (perché esiste sempre un Oltre), ecco che un sospiro di soddisfazione, scappato così per caso da un sorriso rivolto al cielo, aiuta a capire che la pace è fatta. Sì, niente più conti in sospeso con l’ombra di noi stessi ma solo una salda stretta di mano, una pacca sulla spalla, una strizzatina d’occhio, con la certezza che la complicità tra ciò che si E’ e ciò che si E’ VERAMENTE è un traguardo raggiunto.
In verità pagaiare in solitudine non è mai possibile.

Perché non si è mai soli quando si sta bene con se stessi.