sabato 19 aprile 2014

“ER COMINCIO DE LI MARITOZZI”



Ogni volta che vado a Roma imparo qualcosa. Anche a tavola.
Per esempio, fino a ieri non conoscevo la lunga storia che accompagna uno dei dolci più comuni qui - il Maritozzo – un soffice panino ovale, dorato e profumato, spesso ripieno di panna, tanto goloso nell’aspetto quanto curioso nel nome.
Ebbene, ho scoperto che l’origine dei Maritozzi risale alla tradizione popolare nell’antica Roma di rendere più prezioso il semplice pane grazie all’aggiunta di un tocco di fantasia e di ingredienti dolci, come il miele, l’uva passa, la marmellata o la frutta secca, soprattutto in occasione di certe festività religiose.
Quest’usanza s’è protratta per secoli e nel Medioevo questi piccoli panini dolci e nutrienti servivano in particolare a rendere più sopportabile la dovuta astinenza durante la Quaresima, periodo al quale sono poi sempre rimasti associati.
Il nome attuale, spregiativo popolaresco di marito, si diffuse nell’Ottocento quando, secondo un’usanza popolare, nel periodo della Quaresima, esattamente il primo venerdì di marzo, quale antesignano di San Valentino, i fidanzati usavano offrirne uno alle future spose, in segno di corteggiamento e di invito a scambi d’altre dolcezze. Quei maritozzi, a differenza di oggi, avevano una particolarità: la loro forma era ispirata in maniera molto esplicita a Priapo, stuzzicando appetiti che volevano andare ben oltre quelli della gola! Questi ‘dolci falli’ divennero poi ovali e alla foggia eroticamente allusiva sostituirono un’altra intima sorpresa, decisamente più romantica: all’interno dell’impasto celavano spesso un anello o un piccolo gioiello, ragion per cui talvolta erano modellati a forma di cuore e guarniti con bianche colombelle di zucchero.
In tempi più recenti, quando ancora i negozi non erano stati colonizzati da centinaia di merendine industriali, il Maritozzo rappresentava per il bambino romano l’oggetto del desiderio capace di soddisfare con genuina bontà la golosità infantile. Questo dolce era così ambito e diffuso che un poeta romano ottocentesco, Adone Finardi, gli dedicò un poemetto dal logorroico titolo: “Er viaggio der cavajer Ojo a Roma cor su scudiere Sale Magnatutto o per dì mejo er fine der comincio de li maritozzi”:

Prese fiore, pignoli e passerina,
zucchero, cannito e zibibbetto,
acqua e levito; e in quanto a la cucina
si servitte del forno e legno schietto;
impastò, cicinò; da Mari e Tozzi
je dette er nome poi de Maritozzi:
ed ecco come questi principi orno
che poi a nuantri vennero passati
da nonno, da bisnonno e arcibisnonno;
e da quer giorno furno sempre usati
da fasse a la Quaresima d’ogn’anno
giorno che de quei re finì l’affanno.
La storia ecchene quane spifferata
Come li maritozzi so nasciuti.

Decine di ricettari raccontano le infinite varianti dei Maritozzi, da quelli fini e glassati a quelli ordinari, da quelli al burro a quelli all’olio, da quelli ripieni alla panna a quelli con l’uvetta. Ma la ricetta originale eccola qua, pescata tra le pagine di un libro delizioso tutto dedicato alla romanità a tavola, “Er mejo de la cucina romana” di Lajla Mancusi Sorrentino:

Ingredienti
250 g di farina bianca
3 cucchiai di zucchero
1 uovo
30 g di zibibbo
20 g di pinoli
40 g di scorze d’arancia candite
1 dado di lievito di birra
mezzo bicchiere d’olio extravergine d’oliva
sale

Preparazione
Impastare a lungo il dado di lievito con 50 g di farina, un uovo, un cucchiaio d’olio e un pizzico di sale. Coprire l’impasto e farlo lievitare in luogo tiepido. Metterlo poi sulla spianatoia e amalgamarvi il resto della farina, lo zucchero, 50 g  d’olio, un pizzico di sale e poca acqua tiepida per ottenere un impasto piuttosto morbido. Lavorarlo a lungo, incorporarvi lo zibibbo fatto rinvenire in acqua tiepida, strizzato e infarinato, i pinoli e la scorza d’arancia candita. Dividere infine la pasta in pezzi grandi come un uovo, formando dei panini ovali (o come piace a voi!) allinearli su una teglia unta, coprirli con un tovagliolo e farli crescere finchè, gonfiandosi, avranno raddoppiato il loro volume. Cuocerli in forno già caldo a 200 gradi per una decina di minuti, quando saranno dorati spennellarli rapidamente con uno sciroppo ottenuto facendo bollire un paio di minuti 2 cucchiai di zucchero con uno d’acqua. Rimettere i Maritozzi così spennellati in forno per altri 2 minuti affinchè la glassa asciughi. Dopo di che saranno pronti a deliziarvi!
Il massimo, naturalmente, sarebbe gustarli direttamente a Roma, possibilmente in compagnia di un bel romano Doc.!