domenica 22 febbraio 2015

CARCASSONNE, UN GIOIELLO MEDIEVALE DA FAVOLA



Alle falde dei Pirenei, un viaggio tra storia e leggenda per rivivere la gloria del passato nella magia del presente




Capoluogo del dipartimento dell’Aude, nella regione della Linguadoca-Rossiglione – dove la Francia bacia la Spagna - Carcassonne pare un miraggio sopraggiunto da un lontano passato. Sopravvissuta allo scorrere del tempo e alla prepotenza del progresso, questo piccolo villaggio medievale appollaiato tra le vigne custodisce nel suo cuore un gioiello di storia e cultura esemplarmente conservato, tanto da essere inserito nel Patrimonio mondiale dell’Unesco.
Questo tesoro è il Castello raccolto come in uno scrigno dentro le possenti mura. Appare allo sguardo venendo dalla pianura, solenne e maestoso, come un trasognato guardiano del Tempo che protegge la molle quiete della quotidianità agreste.


Chi non l’avesse mai visto, avrà senz’altro presente il Castello della Bella Addormentata (quello che ha ispirato Walt Disney): ecco, è proprio lui! E forse è per questo motivo che Carcassonne appare magica, fiabesca, perché tocca le corde dell’immaginario collettivo, risvegliando quel misto di attrazione e inquietudine che solletica l’animo di ogni bambino emozionato da una favola.
Giungendo dalla città nuova, possibilmente a piedi per gustare con lentezza ogni sensazione, si approda al ponte levatoio che supera il fossato della Cité, dove un busto di donna sbarra il passo al viandante. Sulla sua base campeggia una scritta: "Sum Carcas", "Io sono Carcas". Cosa significa? 


Per comprendere l'origine del nome della città, bisogna avventurarsi nella leggendaria storia di Dame Carcas. Moglie del signore della fortezza, rimasta sola dopo cinque anni di assedio da parte di Carlo Magno, condusse il suo popolo alla vittoria con un abile stratagemma. Dispose sugli spalti della città dei pupazzi di paglia vestiti e armati come i suoi soldati morti. Si mostrò al nemico indossando berretti di colori diversi per far credere che gli assediati fossero ancora numerosi e soprattutto vivi. Inoltre, Dame Carcas volle dimostrare che le provviste alimentari erano ancora abbondanti così fece mangiare all'ultimo maiale sopravvissuto l'ultimo sacco di grano e lo gettò dagli spalti, ben grasso e satollo. Il re franco, intimorito da tanta ostentazione di forza, decise di togliere l'assedio convinto che i suoi nemici non si sarebbero certo arresi con tanta disponibilità di risorse. Con gran soddisfazione, Dame Carcas, vedendolo ritirarsi, suonò a distesa le campane per richiamarlo e proporgli la pace.
"Sire, Carcas te sonne", così Carlo Magno venne richiamato.
 E da allora la città fu chiamata Carcassonne.


Questa è la leggenda, ma la storia vera?
Al termine della crociata contro gli Albigesi, Carcassonne diventò un luogo emblematico del potere del re di Francia alla frontiera aragonese e sotto i regni successivi di Luigi IX, Filippo III l'Ardito e Filippo il Bello assunse la sua fisionomia definitiva. All'inizio del XIX secolo, la cittadella non era che una fortezza con le mura semidistrutte, appollaiata su una collinetta di difficile accesso, senza alcuna attrattiva. Bisognerà attendere la seconda metà del XIX secolo perché, sotto la direzione di Eugène Viollet-le-Duc, venga avviato uno dei più importanti cantieri di restauro mai realizzati fino allora. Un’opera di restauro perpetrata negli anni, che ancora oggi resta esemplare agli occhi dell’intero mondo.
Dal 1846 al 1852, l'architetto compì un lavoro eccezionale in cui utilizzò ogni traccia materiale visibile nelle murature per resuscitare la struttura nella sua originalità, senza tradirne l‘anima. Fu proprio a partire da questi indizi, talvolta labili, che restaurò la fortezza, rispettando la fisionomia che le avevano conferito gli ingegneri reali del XIII secolo. Il cantiere, diretto personalmente da lui, sarebbe continuato anche dopo la sua morte, nel 1879, ed è grazie a questo lavoro alimentato di tenace passione che oggi possiamo ammirare la vera Carcassonne.


Le fortificazioni sono di potente impatto estetico ed estatico e si stagliano da lontano sulla placida campagna dell'Aude, traversata dall’omonimo fiume con il suo Ponte Vecchio. Protetta da queste mura e dalle 52 torri, il centro storico, tuttora abitato e fremente di vita, ospita anche la basilica gotica di Saint-Nazaire e Saint-Celse, insieme a un susseguirsi di negozi, bistrot e ristorantini colorati, a ricordare che dopo tutto non si è più nel lontano Medioevo. I profumi delle spezie e delle erbe aromatiche si mescolano a quelli del cioccolato e dei torroncini, altra favola da assaporare ad occhi chiusi. La suggestione resta potente, anche grazie a un originale sistema sonoro che diffonde a ogni angolo della Cité il ritmico scalpiccio degli zoccoli dei cavalli. Tanto che vien spontaneo cercarli con lo sguardo, là dove tutto il resto è muto e quasi immobile. Le due entrate principali, la Porta Narbonese sulla facciata est e la Porta dell'Aude sulla facciata ovest, conservano infatti il cuore di Carcassonne in una quiete ovattata che invita alla meditazione, al rispetto e a un sospirato silenzio, incoraggiando quell’atmosfera onirica che da bambini cercavamo nelle favole.



Come arrivare a Carcassonne
Quasi 1200 km separano l'Italia da Carcassonne, l’ideale sarebbe dividere il viaggio in tappe se si utilizza l’auto, un buon pretesto per attraversare la Provenza venendo dalla Costa Azzurra. In 10 ore in auto si percorre l'autostrada A9 fino a Narbonne e la A61 fino alla città, passando accanto a Avignon.
In aereo, invece, sono previsti voli quotidiani di Air France per Tolosa, distante 90 km. Da qui si prosegue in taxi o in treno per Carcassonne.

Dove dormire a Carcassonne
Hotel du Chateau: è un’elegante villa adibita a hotel, a ridosso delle mura, e oltre a un panorama incantevole offre un’accoglienza in perfetto stile francese. Comodità e raffinatezza delle camere sono completate da una Spa piccola e riservata, curata in ogni dettaglio, da prenotare anticipatamente. L’ideale per rilassarsi dopo la visita al Castello o le lunghe passeggiate nelle campagne circostanti.
  
Dove mangiare a Carcassonne
La Cité ospita diversi bistrot e ristorantini, molti davvero appetibili. Uno in articolare ha soddisfatto ogni mia aspettativa: il Restaurant Au Four Saint Louis, una chicca nel cuore della Cité. In una regione dove, a tavola, vincono le carni locali e i formaggi non mi sarei mai aspettata un carpaccio di St Jacque da sdilinquire ogni amante delle crudité marine. Imperdibili, ovviamente, i vini locali, specialmente i rosé.  

Cosa fare a Carcassonne
Attorno alla Cité, un dedalo di sentieri invitano alle passeggiate, sia a piedi sia in bici. Le campagne sono un susseguirsi di vigne che, nella bella stagione, meritano d’essere visitate, magari approfondendo con qualche degustazione. Il Lago de la Cavayère e il Canal de Midi sono altre due mete ideali per gli escursionisti e gli amanti della natura che, volendo, possono spingersi fin verso i Pirenei. Imperdibili anche la Montagne Noire con le sue magiche grotte di stalattiti e il Parco Australiano, una riproduzione naturale protetta della fauna aborigena.

Per saperne di più
http://carcassonne.org

martedì 10 febbraio 2015

LA SCELTA



“Preferisco sopportare la tua assenza
e percepire l’eccitazione di ciò che hai fatto 
mentre eri lontano da me,
piuttosto che pretendere la tua presenza
e sopportare il peso di ciò che non hai fatto 
perché eri qui con me.”

lunedì 2 febbraio 2015

La dignità della nudità



Come si cambia …
Fino a pochi mesi fa scrivevo con ardore dei miei viaggi, incitata dall’entusiasmo di veder pubblicati i miei racconti. Sapere di essere sfogliata, cliccata e letta eccitava il mio Ego a caccia di medaglie e rendeva la mia scrittura più accesa: l’applauso dell’anonimo pubblico gratificava una fanciullesca vanità e dava la carica al mio spirito infantile per galoppare ogni volta verso la narrazione dell’ennesimo viaggio.
Viaggi esteriori e interiori, perché non ho mai saputo slegare panorami geografici e panorami psicologici, come se le esperienze lontano da casa unissero alla ricerca del nuovo e dello sconosciuto che viene da fuori, quello dell’antico e del perduto che alberga dentro.
Conoscersi dentro attraverso lo sguardo di fuori, questo ho sempre cercato di fare viaggiando. Ma perché sentire quel martellante bisogno di condividere queste esperienze? perchè rendere a tutti i costi pubblico un cammino esclusivo, intimo, privato?
Oggi, rileggendo certi miei racconti, vergognosamente barocchi e aggettivosi, sui frequenti passaggi in Africa (mio primo amore) e in tutti quei luoghi ameni e struggenti che hanno lasciato tracce indelebili nella mia memoria emotiva, un po’ mi pento d’aver raccontato a tutti con tanta facilità quanto di più prezioso quei viaggi hanno suscitato in me. E’ stato come essermi mostrata nuda senza pudore, un’esibizione senza giustificazione, alla rincorsa di un’illusoria gratificazione …  come se avessi svenduto un tesoro di cui solo io posso conoscere veramente il valore.
E, mi chiedo, ora, valeva così tanto l’applauso dell’anonimo pubblico?
Chi, leggendo, può davvero aver capito cos’è stato per me trovarmi la prima volta di fronte alla sublime immensità del deserto, o al risucchio ingordo della foresta, o all’evanescenza di quella sottile linea blu che separa l’acqua dall’aria, quel puntino all’orizzonte in cui l’oceano bacia il cielo, e la Terra l’Universo!
Probabilmente ogni lettore, calandosi nella narrazione di un viaggio, interpreta quei panorami esteriori attraverso le proprie emozioni. E così quel viaggio nel Sahara, a Lockobe o a Culebra si trasforma e si moltiplica in tanti altri viaggi, tanti quanti sono gli spettatori che diventano a loro volta protagonisti, come in un caleidoscopio di scenari ogni volta nuovi e imprevedibili.
Eccola forse la risposta a quest'improvvisato sproloquio. Questa dovrebbe essere la vera ambizione di chi scrive: non ricevere applausi, ma regalare emozioni.
Allora, anche la nudità avrebbe forse una sua dignità.