E’ vero, le parole sono gratis ma hanno sempre un
valore per chi scrive. Non sempre per chi le riceve.
Un valore che nasce dal costo emotivo di queste
manciate di lettere nere messe in fila su un candido scenario al ritmo di un
confuso batticuore.
Le parole si offrono, si prendono, si copiano, si
scambiano, si prestano, si regalano, si dedicano o si estorcono. E quando son
sputate fuori dalla febbre di un sentimento che tracima, finiscono per prostituirsi
e appartenere a tutti, intiepidendosi e svuotandosi di quel calore verginale da
cui son nate.
Ma quando leggete, o voi che state lì fuori, badate
bene che talvolta il costo emotivo di quelle lettere sfuse che rimbalzano senza
un apparente scopo e bussano a un freddo schermo senza volto, può essere
altissimo, doloroso, sofferto e persino sanguinoso.
Non tutti quelli che scrivono cercano l’originalità,
non tutti inseguono l’anonimo applauso corale attraverso la battuta, l’enfasi o
la rima. Magari, scrivono solo per svuotarsi, per via quel maledetto scroscio
d’energia emotiva che fa la differenza e che altri manifesterebbero nella
pittura, nella musica, nello sport, nel sesso, nel lavoro, nell'alcol, nella droga, nell’ozio o nell’oblio.
Ci sarà sempre qualcuno, in mezzo al mucchio di
scribacchini ebbri di emozioni, che scrive solo per sognare o per dimenticare, con
la speranza di un illusorio sfogo, di un respiro, di una carezza, di un sorso
di consolazione, perché un'antica lacrima venga finalmente asciugata all’ombra di un
tenero sorriso.
Il tempo di una frase, di una pagina, di un racconto
o, se si è un po’ bravi e poco pigri, di un romanzo, quanto basta per sciogliere il bavaglio del cuore con
rivoli di libere parole. Parole gratis, sì, ma proprio per questo, forse, con un immenso valore.
Fine.