Se è vero che la Ribollita
appartiene alla cosiddetta ‘cucina povera’, ebbene evviva la povertà, perché
rende più robusto il corpo e più ricco lo spirito.
Come non esultare, infatti, al
cospetto dell’esuberanza d’un piatto schietto e sincero che infonde vigore al
solo sguardo, magari accanto a un camino dove la brace crepitando evoca languidi affetti
e memorie infantili?
Quel profumo avvolgente delle verdure scaldate a fuoco
lento, quella pastosa fumosità dei fagioli rimestati a lungo da mani sapienti,
e quell’olio di olive che con sensuale femminilità tutto carezza e ammansisce, con tale
materno garbo da commuovere i sensi.
Sacralità e quotidianità sembrano mescolarsi insieme agli effluvi caldi della generosa ciotola.
L’energia sembra ribollire da quella fragranza odorosa di campi e di storia e così la semplicità d’un piatto povero si traduce in turgore e vigore, un complice invito a consumare con la giusta lentezza, cucchiaio dopo cucchiaio, quel concentrato di natura che rende forti e sani.
Sacralità e quotidianità sembrano mescolarsi insieme agli effluvi caldi della generosa ciotola.
L’energia sembra ribollire da quella fragranza odorosa di campi e di storia e così la semplicità d’un piatto povero si traduce in turgore e vigore, un complice invito a consumare con la giusta lentezza, cucchiaio dopo cucchiaio, quel concentrato di natura che rende forti e sani.
Ed ecco, infine, un tocco segreto che piacevolmente sorprende: compare la polenta, al posto dell’usuale
pane, sottofondo che infonde una paciosa leggerezza a un piatto che sa essere elegante pur
servito su un tavolo di legno in un ameno contorno di campagna.
Non
serve altro per ‘vivere’ la Ribollita: il piacere lo dona lei e l’energia la
conquistate voi.
Altro che povertà!
Altro che povertà!