Uno, due, tre … sette, otto, nove.
Silenzio.
Uno, due, tre … sette, otto, nove.
Un altro silenzio. Più lungo stavolta.
La soffice coperta di lana sottolinea il profilo del torace
che per nove volte consecutive pompa aria e poi improvvisamente si ferma, come
per riprendere fiato dopo una corsa affannosa.
Quella per la vita, forse.
Si ferma e poi silenziosamente ricomincia a pompare, su e
giù, sempre fino a nove.
E vien spontaneo a tutti seguire quel ritmo cadenzato nell’aria
rarefatta, inspirare, espirare e trattenere il fiato assecondando l’apnea che per
un infinito istante precipita il corpo nel sonno.
Ma la coperta si rigonfia instancabile sotto il calore della carne e
tutti attorno, insieme, respiriamo il sollievo dell’insperato andirivieni.
La vera coperta, però, non è quella di lana che si riempie e
si svuota di speranza. La vera coperta è quella tessuta dalle carezze e dagli
sguardi amorevoli di chi veglia attento, testimone di un tempo che non si
arresta, ritmato da un sonoro respiro che sarà per sempre scolpito nel cuore di
chi resta.
Già, cuore. Sta tutta lì l’essenza della vita, ora che la
mente vaga nel suo eterno viaggio senza bagaglio. Un cuore che non si rassegna, che
bussa, che respira, che conta.
Uno, due, tre …
Silenzio.
Per sempre.