Passeggiavo lungo il fiume oggi.
Una timida mattina di marzo appena nato, dipinta lievemente
di un rosazzurro velato. Passeggiavo senza una meta e guardando la natura
tutt’attorno, ancora acerba e sonnolenta, pensavo che dopo tutto le persone
somigliano alle piante nel loro cammino lungo i sentieri della vita. Anche
l’essere umano, infatti, obbedisce a una specie di ciclicità terrena, seguendo
le stagioni dell’Anima: percorre tratti d’esistenza più o meno lunghi, più o
meno ramificati, più o meno intensi, e poi a un certo punto, si accorge che per poter andare
avanti, deve necessariamente abbandonarli e lasciarsi indietro parti di sé. Deve morire per
poter rinascere. Deve potare arbusti secchi e foglie avvizzite, fardelli e
orpelli che conserveranno tracce nei ricordi ma che lasceranno spazio a nuove
fioriture, a nuove crescite. A nuovi incontri.
Pensavo, insomma, che puntualmente sul sentiero della vita sopraggiungono
stagioni in cui occorre liberarsi del passato per raggiungere il futuro, senza
rinnegarlo o dimenticarlo – guai, perché senza memoria saremmo nessuno - ma
accettandolo consapevolmente come qualcosa che è stato e che ora non è più. Dentro
quel passato di cui ci amputiamo ci sono anche compagni di viaggio che hanno
condiviso parte della nostra esistenza ma che tuttavia non ci corrispondono
più, perché troppo lontani da ciò che diventiamo. Dentro quel passato di cui ci
amputiamo c’è una parte di noi che rivendica nuova linfa vitale e che ha bisogno di terra
fragrante, di aria pulita e di acqua fresca per rinascere tenace e vigorosa. Proprio come le piante!
Ripensandoci, forse la
passeggiata lungo il fiume in questa timida mattina di marzo appena nato, immersa in una natura ancora acerba e sonnolenta, non era affatto casuale. Una meta l’aveva…