I libri sono come gli amanti.
Alcuni sono un colpo di fulmine, altri una lenta carezza,
altri ancora divorano, consumano, nutrono e non ti abbandonano più. Certi
invece s’insinuano mellifluamente sottopelle e poi altrettanto sottilmente
scivolano via, lontano dal cuore lasciando un inconsapevole languore. E non
tornano più.
Impossibile ovviamente ricordare tutti gli amanti letti
durante la vita, più facile invece è tracciare delle linee temporali che
idealmente definiscano delle fasi. Fasi di passione, di abbandono e di ricerca.
Fasi più o meno colorate.
Per esempio…
Una delle mie prime fasi d’innamoramento della lettura è stata
certamente quella freudiana e junghiana, tanto che mi ha indiscutibilmente ‘imprintato’
il pensiero oltre che lo spirito. E la immagino bianca, una fase candida e verginale come
la tela di pittore su cui tutti i colori potevano e dovevano ancora essere
dosati. Come in un sogno da interpretare.
Poi c’è stata la fase sartriana e camusiana insieme,
sicuramente nera anche per via di un accavallamento nietschiano che ha
contribuito non poco a incupire il panorama emotivo della mia confusa anima. Ero molto giovane allora, eppure
ricordo perfettamente le giornata passate con quegli amanti inquieti e quasi fu
fatale quell’innamoramento del buio. Ma mi salvai, come sempre dopo allora.
Successivamente venne la fase dostoevskijana e russa in
generale, che vedrei viola. Viola perché anch’essa maledettamente inquieta,
tormentata e sofferta, eppure alla fine sempre salvifica e talvolta persino ironica.
Nel frattempo, ne sono certa, ho tradito i miei amanti sovietici con qualche
germanico, perché viva è ancora in me qualche traccia hessiana e boelliana che ha screziato il viola
di indaco, più leggero ma sempre profondo.
Le fasi d’amore letterario, naturalmente, non sono state
tutte lunghe e importanti allo stesso modo, dipendeva da come le circostanze
esterne influivano sulle onde interiori, da lì l’innamoramento più o meno
leggero, greve, passeggero o duraturo. Brevi sono state le fasi rosa che poco ricordo, più lunghe invece quelle blu,
grigie e azzurre… Indimenticabile quella niniana e milleriana, senza dubbio
scarlatta! Ricordo quando restavo sprofondata ore e ore, giornate dopo giornate
in una voluttuosa nuvola di piacere insieme alla trasgressiva coppia che tuttora,
ripensandoci, mi turba i sensi. Così come indimenticabili son, per altri
versi, le fasi proustiane, ricorrenti, risbocciate nella mia vita a balzelli,
profumate, ricamate, rosazzurre. E anche la fasi camilleriane e baricchiane,
per non far torto alla seduzione mediterranea che, non so perché, immagino
legate alle sfumature delle stagioni: estiva, quindi gialla la prima,
autunnale, perciò marrone la seconda.
Ma c’è una fase, e il suo rispettivo scrittore, che rappresenta il mio amante
più fedele, ideale, senza tempo. E’ quella simenoniana che mi accompagna da moltissimo
ormai, coi suoi toni confetto, velati e sensuali come le copertine dei libri
sfornati ogni anno a decine, ancora oggi. L’ultimo è di ieri, l’ultimo mio
amante simenoniano, e s’intitola L’Angioletto. Un libro che comincia coi
profumi e finisce coi colori, casto e provocante al tempo stesso come
un’adolescente inconsapevolmente lasciva.
Vorrei rileggerlo tanto è stato bello. Ma, ahimè, i libri sono come gli
amanti. Quando ritornano, se ritornano, non sembran più gli stessi.