Mi spaventa confrontarmi con persone che per scelta, nella
vita, non desiderano viaggiare. Sottolineo per
scelta, non per mancanza di possibilità.
Questa consapevole e ostentata assenza di curiosità, questa
mancata voglia di apertura, di avventura, di condivisione e anche di rischio,
perché no, non solo sa di presunzione intellettuale ma di povertà spirituale.
Il pregiudizio che talvolta s’annida dentro di noi nei
confronti dell’altro-da-noi, soprattutto se straniero, se lontano, se
ovviamente per definizione ‘diverso’, prospera pericolosamente beffardo quando
non interviene l’antidoto del viaggio, rendendoci ciechi e sordi. Certo, si può
anche viaggiare restando tuttavia ciechi e sordi, ostaggi delle proprie barriere mentali, ma almeno si offre una
possibilità al seme dell’incertezza di attecchire e rendere fertile un terreno
arido. Dipende da come si considera il viaggio!
Viaggio come strumento, non come fine. Come siero, enzima, come cura ... Viaggio come mezzo
per ridisegnare il profilo di ciò che si conosce fuori, arricchendo l’orizzonte spaziale e temporale con altri sempre nuovi, ma anche dentro, perché le idee, i
pensieri, le opinioni, le emozioni e i sentimenti si plasmano, si aggiustano,
si colorano, si contaminano in un continuo fiorire e rifiorire quando si entra
in contatto con altre culture.
Partire dimenticandoci un po’ anche di chi
siamo, portando appresso solo il minimo indispensabile e lasciando a casa
abitudini, gusti, ingessature e ‘occhiali’ distorcenti…così da assorbire il
nuovo senza paura, il diverso senza diffidenza, e metabolizzarlo come parte naturale
dell’universo. Esattamente come siamo noi!
Questo spero di avere insegnato al mio bambino, oggi quasi
diciottenne. Non considerare la vacanza come una parentesi d’assenza dalla
quotidianità per poi ritornare e chiuderla in un file d’immagini sbiadite da mostrare ogni
tanto come memoria o come trofeo … No!
Ogni viaggio è un mattone che costruisce la tua vita,
interiore, intellettuale, emotiva. E la calce che tiene insieme questi mattoni
è fatta di ascolto, di rispetto, di umiltà, con la consapevolezza che ogni
conoscenza è un contagio reciproco: quando entriamo in un’altra terra siamo
ospiti e non a casa nostra. Presentiamoci, dunque, sempre con il sorriso,
chiedendo permesso e dicendo grazie, perché l’atteggiamento che usiamo nei confronti dei
padroni di casa è specchio della considerazione che di loro abbiamo e
senz’altro sarà apprezzato e ricambiato quando i ruoli saranno invertiti. Questo
è il vero passaporto per il futuro e solo in questo modo, dire “buon viaggio” acquista
un valore…un valore inestimabile per chi visita paesi stranieri e per chi viene
visitato.
Buon viaggio, dunque … al mio
bambino, a me stessa, al mio compagno di viaggio e a tutti quelli che, per
scelta, ogni volta partono consapevoli di vivere un'occasione unica per crescere.