Un’anfora d’argilla in mani di gigante.
Questo è il corpo di lei quando lui la tocca.
Nessuna forma precisa, solo curve di voluttuosa carne che si
disfanno e rinascono sotto la presa sicura di chi sa cosa vuole.
Un filo d’olio caldo per cominciare e il massaggio prende il
ritmo di una danza. Dapprima lenta e misurata, poi sempre più incalzante e audace,
tradendo lo spartito … classica, blues, jazz.
Le note scivolano e si rincorrono su quel pentagramma
d’argilla viva mentre lui lavora per darle una forma vera. Il collo di un
cigno, le spalle di un gabbiano, la schiena di una pantera, le anche di una giraffa,
le gambe di una gazzella, i glutei di una donna.
Lei diventa tutti gli animali che a lui piace immaginare
mentre la cosparge di nuovo olio prima di ricominciare. Solo malcelati sospiri
a tradire l’impazienza, l’insopportabile dolore per pochi secondi di assenza.
Assenza del suo tocco, di quelle mani generose, mani che sanno parlare perche
sanno ascoltare.
Ma eccole, rieccole alla carica. Ancora più calde e assetate
di quelle curve ormai note, umidi sentieri di brividi dove perdersi per
ritrovarsi. I palmi si fanno strada tra i fremiti che inconsapevolmente guidano
le dita, ora con veemenza sopra i lombi, ora con pudore verso il ventre, che geloso
implora la sua parte. Flessuosa come un’arpa, lei si fa docile strumento e lui
dirige l’orchestra con raro talento. Lentamente, lungamente, sapientemente.
Fino al trionfo, l’incontenibile scroscio d’applausi che lei gli offre, imbavagliato
dentro il silenzio di un gemito mal soffocato.
Fine della danza. Il cigno si dilegua nel suo lago. Il
gabbiano si rimescola al suo cielo. La pantera, la giraffa e la gazzella si
rituffano nella selvatica natura.
Che cosa resta allora?
Un’opera d’arte: il senso
della donna scolpito da mani di gigante.