L’America
è grande. In tutto.
Rientro dai suoi spazi immensi e vertiginosi con il bisogno di planare nel mio abituale spazio, per ritrovare la dimensione della quotidianità, del dettaglio, dell’intimità. E, guarda caso, lo faccio sospinta da un preciso ricordo legato all’avventura americana ancora fragrante.
Rientro dai suoi spazi immensi e vertiginosi con il bisogno di planare nel mio abituale spazio, per ritrovare la dimensione della quotidianità, del dettaglio, dell’intimità. E, guarda caso, lo faccio sospinta da un preciso ricordo legato all’avventura americana ancora fragrante.
Un ricordo nato da un sapore, quello di un dolce assaggiato
là, che – un po’ come la tenera madeleine di Proust – solletica non solo i
sensi ma soprattutto le emozioni.
Si tratta di quello che gli Americani chiamano Banana Bread
– pane di banana – che in realtà nulla ha a che fare con il pane, ma possiede
l’anima e l’aspetto di un goloso plumcake a base di banane mature, dalla consistenza invitante, soffice e
spugnosa.
Il termine “bread” sarebbe la risposta statunitense al
“loaf” britannico: ovvero un cake – un dolce – da affettare, adatto per la
prima colazione e per il te del pomeriggio. In realtà, in America il Banana Bread
è sempre gradito, anche durante il brunch, e personalmente lo trovo perfetto soprattutto
la notte, prima di dormire, quale preludio a soffici sogni!
Il profumo che questo dolce sprigiona è molto persistente e ne
anticipa il sapore, pastoso e rotondo, e forse per questo alimenta i ricordi e farcisce
le memorie di sensazioni dense di piacere.
Decido dunque di prepararlo
oggi, appena tornata: un invito alla grande America a fare ingresso nel piccolo
mondo di casa mia.
Ingredienti
Polpa di banane, 450 g (quattro banane molto, molto mature)
Zucchero, 120 g (o stevia, un’alternativa sana e altrettanto
buona, consigliata dall’amica Maureen, ottima cuoca!)
Sale, un pizzico
Limone q.b.
Uova, 2
Farina, 200 g
Lievito in polvere, 6 g
Burro, 120 g
Cannella, ½ cucchiaino
Bicarbonato, 3 g
Noci, nocciole e cioccolato (piacere nell’impasto, a
seconda dei gusti)
Imparando dall’amica Maureen che le dosi sono importanti, certo, tuttavia il segreto del successo
finale va affidato ai sensi, all’intuito, a quella comunicazione silente che
ogni mano esperta intrattiene con gli ingredienti e con gli strumenti di
lavoro. Complici l’olfatto, immancabile nell’arte culinaria, e l’amore per il
piacere.
Guidati dunque da queste bussole invisibili squisitamente
femminili, si procede con la sapienza della manualità.
Innanzitutto si schiaccia con la forchetta la polpa delle
banane fino a renderla pastosa, inumidendola con qualche goccia di limone per
evitare che annerisca.
In una ciotola si monta il burro ammorbidito con lo zucchero
(o la stevia) fino a tradurli in un composto spumoso, al quale vanno uniti le
uova e il sale.
A questo impasto già di per sé attraente vanno aggiunte le
banane lavorate, fino ad amalgamare bene tutto, lasciando che il profumo di
frutta matura si sposi definitivamente con gli altri ingredienti, inebriando le
narici.
Al composto profumato vanno infine aggiunti la farina
setacciata, il lievito e il bicarbonato. Ultima seduzione olfattiva, il tocco
di cannella.
Si procede imburrando e infarinando uno stampo da plumcake,
versandone il composto che non deve superare i 2/3 della forma. Noci, nocciole
o gocce di cioccolato possono essere cosparse sulla superficie, oltre che
nell’impasto, in modo da rendere più croccante l’impatto al palato.
Non resta che infornare a 180 gradi per 60 minuti circa,
controllando la cottura con il trucco dello stecchino.
Il Banana Bread va lasciato decantare e va affettato tiepido,
quando i sentori olfattivi lasciano il posto agli stimoli gustativi. In questo
modo tutto l’ambiente finisce col godere del suo profumo caldo e avvolgente.
Profumo di tropici e di casa, di esotico e di familiare, al tempo stesso.
Profumo di buono, da condividere con gli amici, con la famiglia, in semplice
armonia.
Anche questo è America. Un’America che dalle sue
esagerazioni sa ricavare anche intime
emozioni. Infatti, la storia del Banana Bread pare essere legata a un
evento storico di monumentale importanza: sembra che il dolce sia nato durante
la Grande Depressione quando, per esigenze di economia domestica, le donne
utilizzavano tutto in cucina, anche avanzi, scarti e materie prime al limite
del decoro. Come, appunto, le banane annerite dall’eccessiva maturazione, meno
buone ma meno costose.
Da cibo umile, dunque, a ricca tradizione. Nel 1933 il
Banana Bread compare per la prima volta nel Balanced Recipes Cookbook della
Pillsbury Company e conquista definitivamente gloria nel 1950 grazie al
Chiquita Banana’s Recipe Book.
Il Banana Bread, negli anni, ha guadagnato anche un suo National
Day, che cade il 23 febbraio. E anche se oggi è solo il 29 ottobre, mi piace
eleggere il Banana Bread come il mio dolce personale, per celebrare un dolce ritorno
a casa.
Thank’s America!
Perfetto esempio di comunicazione e informazione! Aggiungo solo un accenno alla volubilità attraente della stevia... fuori casa: l'Unione Europea (EFSA) il 14 aprile 2010 ha approvato l'uso della Stevia come Food Additive[4], così come è accettato in Svizzera, e storicamente in tutti Paesi latino-americani. Se Paola ne consiglia la bontà, è apertamente una coccarda premiante dqlla sua gol-osità e curi-osità! Hai colmato la voglia di leggere, assaggiare per capire e amare!
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