Barcellona non è solo sinonimo di Gaudì, Picasso
o Dalì. L’architettura surreale che folleggia qua e là per strade e piazze
racchiude, infatti, un cuore polposo e saporito che trasforma in opera d’arte
anche la quotidianità.
La città gravita attorno alla Rambla, il viale alberato che da Plaza
Catalunya si allunga per oltre un chilometro fino al porto. E in
quest’effervescenza di passanti rapiti dalle suggestioni di Casa Batlló, Parc Güell e La Pedrera, a un
certo punto si sbocca nel più grande mercato popolare della Spagna: la Boqueria. Eccolo il cuore palpitante
della città, dove la gente compra, vende, vive.
Quest’ampio spazio coperto che ogni giorno si
risveglia brulicante di voci e di colori è chiamato anche Mercat San Josep e si trova esattamente
al numero 91 della Rambla. Visitare
la Boqueria non è meno importante che
visitare la Sagrada Familia perché
entrare in sintonia con Barcellona senza penetrarne l’anima catalana sarebbe
come pretendere di gustare appieno un frutto limitandosi alla buccia. Secondo un critico d’arte australiano, Robert Hughes,
la chiave per capire la personalità catalana è cogliere l’equilibrio tra il seny
(il senso comune razionale) e la rauxa (l’emozione spontanea viscerale).
E qui, alla Boqueria, ho afferrato
finalmente il senso di quest’affermazione.
Aggirarmi tra i banchi traboccanti d’ogni ben di
Dio e mescolarmi alla gente mi ha fatto sentire un po’ come Alice nel Paese
delle meraviglie. Un paese goloso dove ogni dettaglio è esagerato nell’aspetto,
nel profumo e nel colore. La struttura è costruita in ferro scuro, quasi
severo, e sovrasta il luogo dove tradizionalmente i contadini catalani venivano
a vendere i prodotti alimentari ai ricchi commercianti barcellonesi.
Sull'origine del nome pare esistano tre versioni. La prima lo farebbe derivare
da un maestoso portale d’accesso alla città fortificata, voluto dal Conte Raimondo
Berengario IV detto il Santo dopo la conquista di Almeria, nel 1147. Ammirare
questa meraviglia lasciava i viandanti letteralmente a bocca aperta, da qui verrebbe il nome Badoqueria, trasformato poi
nell’attuale Boqueria. La seconda
versione, meno romantica e più bucolica, farebbe derivare il nome dal fatto che
qui si vende abitualmente la carn de
boc, ovvero la carne di montone, considerata dai catalani una vera e
propria squisitezza. Mentre l’ultima più sbrigativa associa semplicemente
il termine catalano Boqueria a quello
francese Boucherie, ovvero
macelleria.
In realtà la Boqueria
è molto più di ciò che il suo nome evoca. La disposizione dei banchi dei
venditori è già di per sé uno spettacolo ravvivato dai dialetti regionali che
s’accavallano nell’aria. La scelta dei prodotti è vasta ed eccellente e il
rigore con cui è indicata la provenienza di frutta, verdura, carni e pesci dà
la misura dell’internazionalità del mercato. Frutta esotica dai colori solari
s’intercala a cascate di pesce ancora guizzante; funghi fiabeschi dall’aspetto
inquietante sfidano riottosi crostacei e molluschi sensuali; ortaggi d’ogni foggia
e dimensione s’affiancano agli animali da cortile esibiti come vittime
sacrificali. Eppure, la sanguinolenta tracotanza della carne non offende la
garbata poesia dei vegetali: tutto è esasperato ma armonioso, proprio come in
un quadro di Dalì. E proprio come per un quadro, anche qui è la mano dell’uomo
l’artefice di tanta bellezza. Questa giostra di colori è opera meticolosa dei
commercianti che animano i banchi con la stessa sensibilità che il pittore usa
nei riguardi della tela. Nulla sembra essere lasciato al caso e ogni dettaglio
pare assecondare un ritmo cromatico ineluttabile. E’ arte anche questa,
soprattutto se si pensa ai laboriosi preliminari di quest’esposizione che si
rinnova ogni mattina ogni giorno dell’anno, sempre uguale eppure mai identica a
se stessa. Perché, si sa, la bellezza stupisce sempre.
Visitare la Boqueria
è dunque un piacere estetico che tuttavia comporta un effetto collaterale
pratico: procura un’ubriacatura dei sensi tale da indurre il visitatore a
trascendere la pura contemplazione. La tentazione all’acquisto compulsivo è
prepotente, grazie anche alla premura dei venditori che stuzzicano l’acquolina
offrendo golosi assaggi. Per questo i commercianti hanno pensato di aprire
anche alcuni chioschi dove poter consumare piacevolmente qualche assaggio più
consistente, tipico della cucina catalana e non solo. Uno dei piatti classici più semplici è il pa
amb tomaquet, una bruschetta di pomodori senz’aglio che accompagna
normalmente salumi e formaggi. Ci sono poi i calçots, profumatissimi cipollotti
tipici della Catalogna serviti alla brace e conditi con una salsa a base di
pomodoro, mandorle, nocciole, peperoni e olio. Un’altra golosità inimitabile è
l’esqueixada, a base di baccalà crudo con cipolla, pomodori e olive. Chi
invece riuscisse a sfuggire a tali eccessi può sempre consolarsi con le
variopinte centrifughe di frutta che rinfrescano qua e là i banchi, accentuando
il carattere esotico del mercato.
Infine, per gli amanti più esigenti della cultura
enogastronomica, la Boqueria offre anche un’aula gastronomica, un punto d’incontro
per cuochi e artigiani, venditori e clienti, turisti e curiosi, tutti
accomunati da un unico scopo: la cura e il trattamento degli alimenti freschi.
E’ questo, infatti, il primo grande segreto per eleggere la Boqueria non solo come il più grande mercato
popolare del Paese ma anche come il migliore per qualità e rigore. Un mercato
che continua a lasciare i viandanti di oggi, come quelli di ieri, letteralmente
a bocca aperta!
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