martedì 6 agosto 2013

Racconti in bottiglia



La vinosofia della Cantina Mesa

Un noto proverbio afferma che nel vino è la verità. Una verità che trascende la piacevole ebbrezza sollecitata dal dionisiaco nettare e che affonda le radici nel tessuto atavico da cui esso proviene. Portare alle labbra un bicchiere di vino e lasciare che il profumo racconti i vagiti del suo nascere significa, infatti, ascoltarne la storia e capirne l’essenza.
La storia raccontata dai vini della Cantina Mesa somiglia a un romanzo, di cui ogni bottiglia è un appassionante capitolo. La trama sottesa è una dichiarazione d’amore per la Sardegna, uno sposalizio tra la generosità della terra e il lavoro dell’uomo. La terra è quella di Sant’Anna Arresi (CI), un paesino del Sulcis Iglesiente che pare essere uscito dal far west: accanto alla cruda terra, i pendii scivolano morbidi verso le dune sabbiose di Porto Pino fino a carezzare il mare. E l’uomo è Gavino Sanna: il più acclamato pubblicitario italiano, che ha dedicato il proprio genio alle tradizioni agricole della sua isola, interpretando creativamente le eredità enoiche.
La Cantina Mesa appare come un candido miraggio in una valle verde baciata dal maestrale. La struttura minimalista meriterebbe già di per sé una visita: 5 mila metri quadri su tre livelli, dove vitree trasparenze e sottili geometrie giocano a comporre effetti scenici museali. La trasparenza risponde a un ruolo estetico ma anche funzionale, poiché mette a nudo ogni processo di lavorazione delle uve, dalla diraspatura alla pigiatura soffice, fino all’affinamento in barriques di rovere francese. L’aspetto futuristico della Cantina custodisce dunque un’anima semplice: mesa, in sardo come in spagnolo, significa desco, termine associato al convivio, al nutrimento e all’amore materno. A conforto di questa singolare “vinosofia” sta una forte tradizione perché qui la viticoltura risale all’epoca dei Fenici.
I 70 ettari di vigneti fruttano vini emozionanti dai nomi evocativi, le cui etichette promettono un contenuto altrettanto seducente. Sensuale è anche la foggia delle bottiglie: ancheggianti e affusolate, fiere come le donne sarde di nero vestite in composta fila per la messa.
Ogni etichetta ha un carattere unico e va a comporre l’identità inconfondibile della Cantina. “Buio”, il Rosso Carignano del Sulcis e “Buio Buio”, il Rosso Carignano barricato, innamorano con i sentori ampi e intensi che richiamano la frutta rossa screziata di spezie. Il primo, al palato, si esprime con nuances giovani e fresche coerenti con il color rosso rubino: “riflessi di forza primitiva semplici e vigorosi come una stretta di mano”; il secondo, rivela al primo sorso una trama setosa e note tanniche di rara morbidezza adeguate al vivace color ciliegia: “corpo forte di tronco secolare che racconta nell’uva il vento e il mare mai spenti”. “Opale”, col suo profumo di mele cotte e gelsomino dai timbri di vaniglia e caramella, sposa un sapore elegante dal finale schietto, da gran Bianco Vermentino: “profumo di notte che avvolge i grappoli accesi come stelle ubriache di sole”. E ancora “Rosa Grande”, il Rosato Carignano dagli effluvi floreali spruzzati di rosa selvatica e lampone, induce al languore con il suo sapore delicato e persistente: “fine come le nuvole sottili che dal mare annunciano ai grappoli assonnati il risveglio del sole”.
Ognuno dei vini della Cantina Mesa esalta i sapori tradizionali della Sardegna, dalle zuppe di pesce ai formaggi, dalla carne alla brace alla pasticceria. Tuttavia ognuno di essi invita anche ad accompagnamenti più profondi, quelli col pensiero, per un piacere squisitamente intellettuale: perché sorseggiare un bicchiere di “Giunco”, “Forterosso” o “Orodoro” significa scoprire la verità che è nel vino. E così, accostando l’orecchio al calice brioso di un “Gioiamia”, magari in piacevole compagnia, sarà possibile udire il mormorio del mare. Un mare color del vino.