La vinosofia della Cantina Mesa
Un noto proverbio
afferma che nel vino è la verità. Una
verità che trascende la piacevole ebbrezza sollecitata dal dionisiaco nettare e
che affonda le radici nel tessuto atavico da cui esso proviene. Portare alle
labbra un bicchiere di vino e lasciare che il profumo racconti i vagiti del suo
nascere significa, infatti, ascoltarne la storia e capirne l’essenza.
La storia
raccontata dai vini della Cantina Mesa somiglia a un romanzo, di cui ogni
bottiglia è un appassionante capitolo. La trama sottesa è una dichiarazione
d’amore per la Sardegna, uno sposalizio tra la generosità della terra e il
lavoro dell’uomo. La terra è quella di Sant’Anna Arresi (CI), un paesino del
Sulcis Iglesiente che pare essere uscito dal far west: accanto alla cruda terra, i pendii scivolano morbidi verso le dune sabbiose di Porto Pino fino a
carezzare il mare. E l’uomo è Gavino Sanna: il più acclamato pubblicitario
italiano, che ha dedicato il proprio genio alle tradizioni agricole della sua
isola, interpretando creativamente le eredità enoiche.
La Cantina Mesa appare come un candido
miraggio in una valle verde baciata dal maestrale.
La struttura minimalista meriterebbe già di per sé una visita: 5 mila metri
quadri su tre livelli, dove vitree trasparenze e sottili geometrie giocano a
comporre effetti scenici museali. La trasparenza risponde a un ruolo estetico
ma anche funzionale, poiché mette a nudo ogni processo di lavorazione delle
uve, dalla diraspatura alla pigiatura soffice, fino all’affinamento in
barriques di rovere francese. L’aspetto futuristico della Cantina custodisce
dunque un’anima semplice: mesa, in
sardo come in spagnolo, significa desco,
termine associato al convivio, al nutrimento e all’amore materno. A conforto di questa singolare “vinosofia”
sta una forte tradizione perché qui la viticoltura risale all’epoca dei Fenici.
I 70 ettari di
vigneti fruttano vini emozionanti dai nomi evocativi, le cui etichette
promettono un contenuto altrettanto seducente. Sensuale è anche la foggia delle
bottiglie: ancheggianti e affusolate, fiere come le donne sarde di nero vestite
in composta fila per la messa.
Ogni etichetta ha
un carattere unico e va a comporre l’identità inconfondibile della Cantina. “Buio”,
il Rosso Carignano del Sulcis e “Buio Buio”, il Rosso Carignano barricato,
innamorano con i sentori ampi e intensi che richiamano la frutta rossa
screziata di spezie. Il primo, al palato, si esprime con nuances giovani e
fresche coerenti con il color rosso rubino: “riflessi
di forza primitiva semplici e vigorosi come una stretta di mano”; il
secondo, rivela al primo sorso una trama setosa e note tanniche di rara
morbidezza adeguate al vivace color ciliegia: “corpo forte di tronco secolare che racconta nell’uva il vento e il
mare mai spenti”. “Opale”, col suo profumo di mele cotte e gelsomino dai
timbri di vaniglia e caramella, sposa un sapore elegante dal finale schietto,
da gran Bianco Vermentino: “profumo di
notte che avvolge i grappoli accesi come stelle ubriache di sole”. E ancora
“Rosa Grande”, il Rosato Carignano dagli effluvi floreali spruzzati di rosa
selvatica e lampone, induce al languore con il suo sapore delicato e
persistente: “fine come le nuvole sottili
che dal mare annunciano ai grappoli assonnati il risveglio del sole”.
Ognuno dei vini
della Cantina Mesa esalta i sapori tradizionali della Sardegna, dalle zuppe di
pesce ai formaggi, dalla carne alla brace alla pasticceria. Tuttavia ognuno di
essi invita anche ad accompagnamenti più profondi, quelli col pensiero, per un
piacere squisitamente intellettuale: perché sorseggiare un bicchiere di
“Giunco”, “Forterosso” o “Orodoro” significa scoprire la verità che è nel vino. E così, accostando l’orecchio al calice
brioso di un “Gioiamia”, magari in piacevole compagnia, sarà possibile udire il
mormorio del mare. Un mare color del vino.
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