“Ricordo che passato
lo tsunami, quando ho aperto gli occhi, ho visto un vuoto desolante intorno a me, ma anche un
cielo immensamente fitto di stelle sopra di me. Erano tantissime e bellissime. Allora
ho pensato che tutte quelle stelle dovevano essere le vite umane cadute sotto
lo tsunami e andate a brillare lassù. Per loro, noi sopravvissuti avevamo il
dovere di ricominciare e di ricostruire insieme il nostro paese, il nostro futuro…
”
Questa è una frase toccante che ho ascoltato in uno dei documentari trasmessi in questi giorni da un’emittente giapponese, NHK World, durante
un’intervista a un sopravvissuto alla catastrofe dell’11 marzo 2011 in Giappone.
Con voce ferma e sguardo limpido, l’uomo intervistato è riuscito a comunicare con
dignitosa commozione l’essenza del modo di sentire e di pensare orientale, così
lontano dal nostro.
L’inevitabile dolore che ogni essere mortale capace di
soffrire vive di fronte a una devastazione di tale portata suscita reazioni
così diverse a seconda della cultura e della religione in cui si è imbevuti.
Noi occidentali, e soprattutto noi italiani, di fronte alla perturbante
ribellione della Natura che ci ricorda quanto siamo minuscoli rispetto ad Essa,
abbiamo bisogno di trovare subito un colpevole. Qualcuno contro cui scaricare
tutta la rabbia che la nostra impotenza alimenta, perché giustizia sia fatta in
un processo terreno dove ognuno s’improvvisa giudice divino, con tutte le infami speculazioni che ne conseguono.
Gli orientali invece, e soprattutto loro, i giapponesi, non hanno
bisogno di trovare un colpevole ma una soluzione, perché si sentono parte della
Natura anche quando si scatena contro ogni previsione. L’obiettivo si profila nitido, schietto, mentre
ancora la catastrofe fa sanguinare le ferite aperte: bisogna rialzarsi tutti
insieme per trovare il modo migliore di rimettere assieme i brandelli e
trasformarli di nuovo in case, scuole, ponti, strade. “Insieme” è la parola
magica che fa la differenza: uniti nello stesso dolore, noi ci azzanniamo per
scagionare le nostre colpe e puntare il dito sulle responsabilità altrui. Loro
si prendono per mano per ricominciare daccapo, subito, riuscendo a trasformare
il dolore in volontà e la tragedia in coraggio.
Da ogni catastrofe può nascere un insegnamento. E ripensando
alla frase di quell’uomo dalla voce ferma e lo sguardo limpido, penso che dovremmo
tutti imparare a guardare con occhi nuovi un cielo fitto di stelle in una notte
buia. Forse quel cielo ci aprirebbe gli occhi e ci aiuterebbe a vedere ‘oltre’ i nostri stessi limiti.
Grazie, Paola, anima in sintonia. Insieme e soluzioni anche nell'avversa sorte. Unica senza soluzione è la morte, di fronte alla quale la soluzione resta sconosciuta, per gli scintoisti, eternamente risolta per i credenti. Per ogni nuovo giorno, grazie, insieme, è già una soluzione.
RispondiEliminaLa mia ammirazione per i Giapponesi è infinita!
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