“Qui si vive solo di
sole, mare e musica, forse per questo sono felice … non tornerei più!”
Queste sono le parole scritte, con una grafia fanciullesca
in inchiostro verde, su una cartolina sbiadita dal tempo, proveniente da
Trinidad e Tobago. Una cartolina che fa ancora da segnalibro a un vecchio
saggio di filosofia, evidentemente ancora attuale, visto che è saltato fuori
dalla polvere dopo tanti anni, portando con sé quest’inatteso messaggio
sopravvissuto all’età.
Quella cartolina, io la ricordo bene. Ricordo il momento
esatto in cui l’avevo scritta, una sera sulla veranda di legno della mia stanza
affacciata sul mar dei Caraibi, sopraffatta dall’incanto di una natura che mi
avrebbe stregato e drogato per sempre. Avevo 15 anni allora e indirizzavo
quelle nostalgiche righe a colui che sarebbe diventato, qualche anno dopo,
mio marito.
Oggi, a distanza di così tanti anni, ahimè, rileggendo
quelle parole adolescenziali piene di sogni, di speranze e di inconsapevole
determiazione, mi rendo conto di quanto sia effimero il tempo… di quanto sia
ingannevole darsi da fare per crescere sperando forse di cambiare… di
migliorare…di diventare saggi indossando maschere per sedurre gli altri e abbellire
noi stessi….. La natura, quella della nostra personalità, quella più intima e
archetipica, ci possiede e per quanto ci si sforzi a domarla, a educarla, a
plasmarla, essa prima o poi si ripresenta alla nostra razionalità, beffarda e
insolente, ci punta il dito in faccia, sorniona, e ci dice: “Bhe… dove credevi di andare senza di me? Dove hai corso finora? Io sono
te, vivo dentro di te, non sfuggirmi, vivimi, insieme andremo d’accordo, solo
accettandomi potrai essere felice!”
Dopo tanti anni, infatti, io sono esattamente la stessa
creatura che scriveva quella cartolina. Dopo tanti anni di lavori psicologici forzati
dettati dalla razionalità, dall’educazione e dalla formalità, insisto a pensare
che laggiù, lontano, dove mi sento a casa, dove si vive solo di sole, mare e
musica, si potrebbe essere felici!
Oggi, così come a 15 anni, continuo ad assecondare la mia
natura, ostinata e fiera, selvaggia e ribelle, in una miope illusione di
libertà, forse, cui tuttavia non posso rinunciare: pena la morte!
Oggi, a differenza dei miei 15 anni, non scrivo più
cartoline con inchiostro verde, tutt’al più mando una email a chi, come allora,
con paziente rassegnazione, mi aspetta sperando, forse, che prima o poi io
possa tornare per sempre e fermarmi una volta per tutte, finalmente. E così, mi
specchio nel riflesso del mio animo e lo vedo luminoso, colorato, pieno di sogni,
di speranze e di consapevole determinazione, mentre fuori tutto pare spento e grigio. E allora
mi domando chi, in verità, vive di illusioni ….
Intanto, ripongo il vecchio libro di filosofia nello
scaffale perché possa custodire per sempre quella cartolina insieme al suo lungimirante messaggio, e nel frattempo preparo
la valigia per il prossimo viaggio… mi dispiace, la natura mi chiama!
Riflessione su cui si riflette il cuore in libertà dell'anima più che la maschera matura del cervello, senza genere, ma con ogni sua emozione... M'induce a riflettere... se fossi al tuo posto, nel tuo genere, nella tua condizione d'emotività, sarei capace di non rispondere alla chiamata? Mi sentirei slegato da ogni vincolo di dubbio, certo di reagire senza esitazione.
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