Ogni volta che vado a Roma imparo qualcosa. Anche a tavola.
Per esempio, fino a ieri non conoscevo la lunga storia che
accompagna uno dei dolci più comuni qui - il Maritozzo – un soffice panino ovale,
dorato e profumato, spesso ripieno di panna, tanto goloso nell’aspetto
quanto curioso nel nome.
Ebbene, ho scoperto che l’origine dei Maritozzi risale alla
tradizione popolare nell’antica Roma di rendere più prezioso il semplice pane grazie
all’aggiunta di un tocco di fantasia e di ingredienti dolci, come il miele,
l’uva passa, la marmellata o la frutta secca, soprattutto in occasione di certe
festività religiose.
Quest’usanza s’è protratta per secoli e nel Medioevo questi
piccoli panini dolci e nutrienti servivano in particolare a rendere più
sopportabile la dovuta astinenza durante la Quaresima, periodo al quale sono
poi sempre rimasti associati.
Il nome attuale, spregiativo popolaresco di marito, si
diffuse nell’Ottocento quando, secondo un’usanza popolare, nel periodo della
Quaresima, esattamente il primo venerdì di marzo, quale antesignano di San
Valentino, i fidanzati usavano offrirne uno alle future spose, in segno di
corteggiamento e di invito a scambi d’altre dolcezze. Quei maritozzi, a differenza
di oggi, avevano una particolarità: la loro forma era ispirata in maniera molto
esplicita a Priapo, stuzzicando appetiti che volevano andare ben oltre quelli
della gola! Questi ‘dolci falli’ divennero poi ovali e alla foggia eroticamente
allusiva sostituirono un’altra intima sorpresa, decisamente più romantica:
all’interno dell’impasto celavano spesso un anello o un piccolo gioiello,
ragion per cui talvolta erano modellati a forma di cuore e guarniti con bianche
colombelle di zucchero.
In tempi più recenti, quando ancora i negozi non erano stati
colonizzati da centinaia di merendine industriali, il Maritozzo rappresentava
per il bambino romano l’oggetto del desiderio capace di soddisfare con genuina
bontà la golosità infantile. Questo dolce era così ambito e diffuso che un
poeta romano ottocentesco, Adone Finardi, gli dedicò un poemetto dal logorroico
titolo: “Er viaggio der cavajer Ojo a
Roma cor su scudiere Sale Magnatutto o per dì mejo er fine der comincio de li
maritozzi”:
Prese fiore, pignoli e passerina,
zucchero, cannito e zibibbetto,
acqua e levito; e in quanto a la cucina
si servitte del forno e legno schietto;
impastò, cicinò; da Mari e Tozzi
je dette er nome poi de Maritozzi:
ed ecco come questi principi orno
che poi a nuantri vennero passati
da nonno, da bisnonno e arcibisnonno;
e da quer giorno furno sempre usati
da fasse a la Quaresima d’ogn’anno
giorno che de quei re finì l’affanno.
La storia ecchene quane spifferata
Come li maritozzi so nasciuti.
Decine di ricettari raccontano le infinite varianti dei
Maritozzi, da quelli fini e glassati a quelli ordinari, da quelli al burro a
quelli all’olio, da quelli ripieni alla panna a quelli con l’uvetta. Ma la
ricetta originale eccola qua, pescata tra le pagine di un libro delizioso tutto
dedicato alla romanità a tavola, “Er mejo
de la cucina romana” di Lajla Mancusi Sorrentino:
Ingredienti
250 g di farina bianca
3 cucchiai di zucchero
1 uovo
30 g di zibibbo
20 g di pinoli
40 g di scorze d’arancia candite
1 dado di lievito di birra
mezzo bicchiere d’olio extravergine d’oliva
sale
Preparazione
Impastare a lungo il dado di lievito con 50 g di farina, un
uovo, un cucchiaio d’olio e un pizzico di sale. Coprire l’impasto e farlo
lievitare in luogo tiepido. Metterlo poi sulla spianatoia e amalgamarvi il
resto della farina, lo zucchero, 50 g
d’olio, un pizzico di sale e poca acqua tiepida per ottenere un impasto
piuttosto morbido. Lavorarlo a lungo, incorporarvi lo zibibbo fatto rinvenire
in acqua tiepida, strizzato e infarinato, i pinoli e la scorza d’arancia
candita. Dividere infine la pasta in pezzi grandi come un uovo, formando dei
panini ovali (o come piace a voi!) allinearli su una teglia unta, coprirli con
un tovagliolo e farli crescere finchè, gonfiandosi, avranno raddoppiato il loro
volume. Cuocerli in forno già caldo a 200 gradi per una decina di minuti,
quando saranno dorati spennellarli rapidamente con uno sciroppo ottenuto
facendo bollire un paio di minuti 2 cucchiai di zucchero con uno d’acqua.
Rimettere i Maritozzi così spennellati in forno per altri 2 minuti affinchè la
glassa asciughi. Dopo di che saranno pronti a deliziarvi!
Il massimo, naturalmente, sarebbe gustarli direttamente a
Roma, possibilmente in compagnia di un bel romano Doc.!
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