Preparare una salsa è un po’
come fare l’amore.
Occorrono passione, fantasia,
gentilezza e quel pizzico d’esperienza necessario a guidare l’istinto nella
scelta degli ingredienti, delle dosi e dei tempi. In cucina, certamente, la
materia prima ha un ruolo protagonista – come l’amante a letto, appunto – ma non
esclusivo, perché ciò che crea l’alchemica magia sono anche le quantità, le
proporzioni, i tempi e le pause, il cui equilibrio si tradurrà poi nel piacere
all’assaggio.
Sapori e aromi devono
incedere, dunque, in maniera armonica fin dalla preparazione, assecondando
ritmi cadenzati quale oculato preludio d’altri più accesi movimenti. La
complicità che si stabilisce tra le mani e gli ingredienti è il segreto di un
buon risultato, poiché ogni piccolo tocco, intimo o ardito ma mai arrogante,
rivela la sensibilità di un bravo partner, così come quella di un bravo chef.
Questa stuzzicante metafora
vale per tutti i tipi di preparazioni culinarie, s’intende. Tuttavia, penso che
salse, confetture e marmellate si prestino particolarmente a una stuzzicante
traslazione in chiave erotica, sia per quanto riguarda la messa in opera, sia
la degustazione, possibilmente condivisa in giusta compagnia.
Non so se il signor Angiolino
Berti – che già tempo fa avevo coinvolto in un mio articolo – s’ispiri a un
sentimento amoroso durante la confezione delle sue famose salse. So, però, che
il risultato è certamente una sintesi esemplare di come si possa trasformare in
sensuale bontà alcuni dei prodotti più semplici e naturali della Terra.
Anche l’amore è, infatti,
cosa semplice e naturale. Caso mai sono gli innamorati che, spesso, lo rendono
complicato, proprio come certi gourmet eccessivamente sofisticati esasperano un
buon piatto.
Tra le tante preparazioni del
signor Angiolino, ce n’è una che mi ha fatto particolarmente innamorare. E’ una
confettura a base di fichi e mela verde che già per la semplice scelta degli
ingredienti evoca l’amore e l’erotismo. Innanzitutto è una confettura, non una
marmellata, cioè ha una percentuale di polpa di frutta tale da risultare
particolarmente densa, rotonda e vellutata al palato. Il sottofondo è morbido e
pacatamente dolce, come il fico, ma qua e là nella polpa contrastano spicchi
croccanti di mela che, con la sua sfumatura d’aspro, completa il composto d’impreviste
note saporite.
Tutti i sensi conosciuti
entrano in gioco: la confettura è bella d’aspetto, saporita come un bacio,
morbida come una carezza, profumata come la pelle e quel musicale ‘clic’ all’apertura
del barattolo solletica persino l’udito, anticipando così il piacere del gusto.
Lo sposalizio tra fico e mela è assolutamente originale, vi assicuro.
Oltretutto, mescolare con tale maestria due frutti così significativi nella
storia non solo alimentare ma anche simbolica dell’umanità, sembra rendere
questa confettura ancor più seducente.
Pensiamo al fico. Forse non
tutti sanno che questo meraviglioso frutto dalla straordinaria carica
energetica, stringe un’alleanza molto intima con l’ambiente in cui l’albero
cresce. E’ un’esemplare testimonianza di quanto possono essere complici i
rapporti tra il mondo vivente macroscopico e quello microscopico. I fichi,
infatti, maturano due volte l’anno, quando si miete e quando si vendemmia,
direbbero i contadini di una volta.
Oggi anche l’agricoltura ha i
suoi trucchi ma tradizionalmente, per portare a maturazione questi gioiosi
frutti occorreva assecondare la Natura, anziché raggirarla. Bisognava,
innanzitutto, appendere sull’albero del fico domestico i frutti non
commestibili del caprifico, cioè la pianta di fico selvatico. Tramite quest’imbastardimento,
i minuscoli e prolifici moscerini presenti nei frutti del caprifico
cominciavano a migrare verso i frutti del fico, quelli buoni, socchiudendone il
cuore, assorbendone l’eccesso di umidità e soffiandoci dentro l’aria esterna.
Si verifica un passaggio di
principi generatori … entra il sole e i soffi fecondatori, grazie ai moscerini
che schiudono gli orifizi, come ebbe modo di dire Plinio il Vecchio in qualche
suo scritto. Pur non avendo strumenti d’osservazione e conoscenze scientifiche,
Plinio non era lontano dal vero. Funziona proprio così: un imenottero appena
visibile trasporta il polline dal caprifico al fico, che non possiede fiori
maschili. Uscendo dall’ostiolo, il forellino alla base del siconio, l’infiorescenza
che contiene i piccoli fiori femminili s’imbratta di polline proveniente dai
fiori maschili.
Il moscerino, volando all’interno
dei siconi del fico domestico, è dunque il responsabile della fecondazione dei
fiori, che daranno poi vita ai carnosi e dolci frutti. La simbiosi tra fico e
insetto è uno straordinario esempio della variegata sessualità della Natura,
che attraverso invisibili e meticolosi gesti partorisce ‘creature’ di
straordinaria bellezza e bontà. Tuttavia, non è solo l’atto fecondativo del
fico a evocare un’analogia con la sessualità. E’ anche l’aspetto, sia delle
foglie, sia dei frutti. Il contorno delle foglie, infatti, ricalca la virilità
maschile e forse per questo si vuole che Adamo ed Eva se ne servissero per
coprire le proprie nudità. Inoltre, il fico è un frutto succulento dalla foggia
sfacciatamente evocativa, tanto che in virtù del suo simbolismo, era il goloso
protagonista nelle feste dionisiache, in cui si portavano in processione una
brocca di vino, una vite, un capro, un paniere di fichi e un fallo scolpito nel
tronco del fico stesso. Nel tempo, la domesticazione della pianta ha
semplificato la vita riproduttiva del fico e ha migliorato i caratteri del
frutto, mantenendo però le sue connotazioni sessualmente simboliche.
E che dire della mela? La
mela fa parte della storia umana molto prima che Newton ne traesse ispirazione.
Le sue origini sono alquanto incerte ma la leggenda vuole che essa sia il
frutto proibito dell’Eden. La fiabesca immagine deriva da un vago accenno che
si fa nelle Scritture ad un generico frutto tondeggiante, in realtà non
specificato, tradotto dall’ebraico tappuah e poi dal greco melon. In verità, l’affermazione
della mela nella coltura e nella cultura universale è frutto di un lungo e
profondo rapporto di conoscenza tra le potenzialità della Natura e le
opportunità dell’Uomo. La domesticazione del melo si completa, infatti, solo
con la diffusione della tecnica dell’innesto, in epoca greca e poi romana,
tecnica che consente anche la moltiplicazione di differenti specie di frutti,
ognuno con sue specifiche caratteristiche. Tuttavia, il mito resiste oltre la
realtà e alcuni maligni sostengono che furono certi Padri della Chiesa,
ovviamente celibi e misogini, a scegliere la mela come frutto del peccato,
perché tagliandola a metà videro comparire i semi disposti a foggia di vulva,
proprio quella parte di Eva responsabile della corruzione di Adamo. Leggende a
parte, il simbolismo di questo fascinoso frutto sembra derivi proprio dagli
alveoli racchiusi nel suo cuore, a forma di stella a cinque punte. Robert Ambelain,
nell’”Ombres des cathédrales”, ha scritto infatti che il pomo è il simbolo
della conoscenza perché, dividendolo perpendicolarmente, vi si trova un
pentagramma, tradizionale simbolo del sapere. Fatto sta, che la mela resta il
frutto della tentazione, persino nella fiaba di Biancaneve. E in particolare, l’allusione
alla complicità sessuale ha ispirato filosofi, poeti e artisti d’ogni tempo. Il
giardino di Afrodite della poetessa greca Saffo è, guarda caso, un boschetto di
giovani meli, dove sopra gli altari fumano incensi. E più recentemente, Pablo
Neruda ha decantato una Donna completa, mela carnale, luna calda, bacio a bacio
percorro il tuo piccolo infinito.
Insomma, fico e mela
continuano a nutrire le nostre assetate fantasie, oltre ai nostri famelici
corpi. Ed ecco che mescolati insieme e deliziosamente racchiusi in un barattolo
di vetro, non possono che esser nati dall’amore e amore suggerire. Anche una
confettura è un piccolo infinito da percorrere … pura poesia per il palato. E,
forse, se Adamo ed Eva avessero conosciuto quest’elisir d’amore, l’avrebbero
preferito al tanto tribolato pomo, evitando così d’inguaiare se stessi e l’intera
Umanità!
Ringrazio
il signor Angiolino Berti, dunque, per aver deliziato i miei sensi con tanta
dolcezza e ispirato queste mie giocose righe, scritte tra un cucchiaino di
frutta, un segreto desiderio e un sospirato piacere.
Letto e piaciuto...
RispondiEliminaGrazie Enzo!
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