giovedì 22 maggio 2014

DALL’UMBRIA CON AMORE


UNA VOCAZIONE CHIAMATA “ROCCAFIORE”

Rispetto per la tradizione e tecnologia ecosostenibile sono le carte vincenti di Leonardo e Luca Baccarelli, produttori di vini biologici votati all’eccellenza



Nel cuore dell’Umbria, terra dove l’eco della spiritualità sopravvive intatto nei pittoreschi borghi medievali, sorge un piccolo eden accoccolato tra le vigne e gli oliveti dei Monti Martani. E’ la Residenza Roccafiore, a pochi minuti da Todi (PG), il luogo perfetto per concedersi una full immersion nella sacralità della natura, approfittando anche dei piaceri del palato grazie alla prelibatezza dei prodotti locali.

La Residenza
Roccafiore è un progetto nato nel 2000 dall’estro creativo dell’imprenditore umbro Leonardo Baccarelli che, insieme al figlio Luca, ha ideato un Resort e un’azienda vitivinicola che esprimessero al meglio l’identità del territorio.
Il nome stesso “Roccafiore” incuriosisce e racconta la storia del luogo: viene, infatti, dal roseto selvatico che per anni aveva ornato le mura della casa padronale preesistente. I fiori sono tuttora l’elemento che fa la differenza: ogni ambiente è romanticamente decorato da fiori freschi ogni giorno, sapientemente abbinati alle nuances degli arredi. Nel Centro Benessere sono i petali ad ornare le zone calde, la piscina e le aree massaggio, mentre la sala meeting sposa la riservatezza alla tecnologia più avanzata. La natura completa l’accoglienza della Residenza rendendola attraente in ogni stagione, con l’alternarsi di colori e profumi che animano i 90 ettari di giardini, vigne e oliveti intimamente intrecciati con le memorie medievali della vicina Todi.

L’Azienda e i Vini
Gli uomini, come le terre, hanno una vocazione. E la cantina Roccafiore esprime perfettamente quella di Leonardo e Luca Baccarelli: trasformare la generosità del territorio in qualità, nell’assoluto rispetto per l’ambiente. I locali destinati alla produzione sono interrati, nella tutela delle tradizionali pratiche enologiche, mentre in superficie si sviluppa un ambiente multifunzionale destinato agli eventi culturali. Qui, sotto lo sguardo sapiente del giovane enologo Hartmann Donà, nascono i vini Roccafiore.
La ricerca dell’eccellenza proviene dall’amore per il paesaggio e dal rispetto per gli equilibri ecologici del territorio. Infatti, Roccafiore è stata tra le prime aziende vitivinicole in Italia ad adottare il fotovoltaico, insieme ad altre strategie ecosostenibili come l’utilizzo di bottiglie alleggerite e di biocarburanti. Per questo i vini prodotti qui non sono una semplice proposta enologica ma il frutto di una sinergia tra suolo e microclima di cui i vitigni sono la risposta. La viticoltura biologica, insieme
all’utilizzo di tecnologie avanzate, permette un monitoraggio continuo dell’intero sistema produttivo, con la volontà di innalzare puntualmente la qualità dei vini, ma anche di grappe e oli.
I vini Roccafiore sono tutti biologici con certificazione UE, ottenuti rigorosamente da vitigni autoctoni: Grechetto di Todi, Trebbiano Spoletino, Sangiovese, Sagrantino e Montepulciano. Tuttavia, la passione di chi li produce si esprime anche nel piacere estetico, non solo gustativo: le bottiglie sono infatti eleganti e le etichette originali. Così un rosso “Prova d’autore” o un bianco “Fiorfiore” anticipano il piacere dell’assaggio fin dal primo sguardo.

martedì 20 maggio 2014

"PRESENTE CONTINUO"


"Quando tutto accade ora"



Capita a volte di leggere un libro e pensare: “Accidenti, questo avrei voluto scriverlo io … è esattamente ciò che ho sempre pensato e non l’ho mai detto!”
E’ il caso di un avvincente saggio di Douglas Rushkoff, uno dei pensatori attuali più intriganti circa il rapporto tra tecnologia, società e cultura. In questo suo libro fresco di stampa, edito da Codice Edizioni e titolato “Presente continuo. Quando tutto accade ora”, Rushkoff  fotografa con cristallina nitidezza l’intreccio psicologico, spesso subdolo e inconsapevole, che lega la nostra società ai mezzi di comunicazione digitali. Legame che ha rivoluzionato il concetto di informazione e la percezione del “tempo”.
Anche se il tema è di moda e rischia di debordare nella banalità, in questo libro Rushkoff se ne impossessa con l’agilità di un mago del pensiero, riportando chi legge direttamente dentro i labirinti mentali e psichici che ci spingono ogni giorno, in ogni istante, nell'abbraccio vitalmortale con una virtualità sempre più reale. La frantumazione del Tempo in una miriade di periferie parallele, la necessità di vivere tutto nell’istante stesso in cui tutto accade, è lo snodo cruciale di interpretazione di questo shock culturale. Se la fine del Ventesimo secolo è stata caratterizzata dal Futurismo, il Ventunesimo è il secolo del Presentismo. Ci troviamo nel nuovo “adesso”, o meglio ci illudiamo di trovarci in quel futuro che lo scorso secolo mirava a creare: un istante, un “click” in cui tutto sembra accadere in tempo reale, senza tregua, senza sosta, pena il “non-esserci”. In realtà, non c’è alcun “adesso”, perché nei nanosecondi in cui ci affanniamo a catturarlo attraverso un post, un tweet o un like, esso s'è già dissolto e a noi non resta che l’affanno a inseguire quello successivo, in un costante e logorante sbandamento verso la deriva della realtà.
Tuttavia, diciamo la verità, non siamo poi tutti così ingenui da non accorgerci di quest’inganno (e autoinganno). La rete è pur sempre una rete! Sappiamo benissimo che dietro l’estemporaneità di un post si nascondono, da un lato, l’ossessione narcisistica di chi lo produce condannato a voler esserci a tutti i costi, ovunque e per chiunque, e dall’altro lato, la ben congeniata strategia economica, politica e commerciale di chi manipola e sfrutta questi meccanismi psicologici di comunicazione globale. Eppure, la maggior parte di noi se ne frega e si tuffa comunque nella rete, nell’illusorietà di pescare quell’eterno presente, cui nulla sfugge e tutto può.
Così, con inquietante ironia, Rushkoff ci sbatte in faccia quel che prima o poi tutti intuiamo: i fantasmi che noi stessi abbiamo creato attraverso quest'universo d’euforica condivisione di spazi, tempi, desideri e obiettivi, mettendoci però anche in guardia dai rischi che ne derivano. Gli strumenti di comunicazione che usiamo, ci trasformano, sempre. E oggi la ricerca dell’onniscenza digitale, anche quando è consapevole, è comunque una sconfitta: paradossalmente, mentre siamo indaffarati a tenerci al passo con le notizie che ci piovono addosso dallo schermo o dallo smartphone, l’informazione stessa cerca, senza riuscirci, di stare al passo con noi. E’ un circolo vizioso destinato al fallimento se si mira a una comunicazione aderente al presente, mentre è certamente un successo se si desidera disperdersi nella nebbia di una finta realtà, sospesa tra un passato che perde via via valore e un futuro senza preciso nome.
Rushkoff è tuttavia ottimista, com’è giusto essere, e vede risolvibile questa tensione tra il "falso adesso" digitale e l’adesso autentico: basta diventare “programmatori” della propria vita, anziché “programmi”. In fin dei conti, se vogliamo davvero vivere il presente, se davvero vogliamo liberarci dalla rete per prendere respiro e accorgersi di cosa veramente ci succede attorno, accanto, dentro … basta “spegnerci” per un po’.
Basta poco, basta un istante, basta cliccare "Off" e magari leggere un bel libro, come questo! 

SULLA “STRADA DELLA FELICITA’”


ART DE VIVRE


SOSPESI TRA MARE E CIELO, I BORGHI MEDIEVALI DELLA COSTA AZZURRA INVITANO ALL’APOTEOSI DEI PIACERI TERRENI



Cos’hanno in comune Nietzsche, Picasso e Prevèrt? Cosa sposa la profondità del pensiero, l’ispirazione per la pittura e la passione per la scrittura? Probabilmente l’incanto di paesaggi contesi tra la bellezza terrena e la spiritualità divina. Luoghi su cui lo sguardo si posa, sprofonda e s’eleva, fino a toccare i confini del sublime. Luoghi che, per qualche magica alchimia, hanno sedotto filosofi, artisti e letterati, di cui restano i sospiri scolpiti nel tempo.
Eppure non siamo in un immaginario Eden, bensì sulla Terra. La Costa che si dipana tra Monte Carlo, Nizza e Cannes, Azzurra non solo per l’allusivo battesimo voluto da Stephen Liégard, bensì per le reali sfumature che la avvolgono, ospita un susseguirsi di borghi antichi che, pur conservando tracce del proprio passato, si rinnovano continuamente per accogliere il turista più esigente. Eze, Antibes, Saint Paul de Vence e Mougins sono gli indiscussi gioielli di questo dono divino in Terra. Qui si possono assaporare la cultura, l’arte e l’eccellente cucina in una profferta di sobria eleganza senza rinunciare, tuttavia, alla spontanea bellezza di una vegetazione che sfida impavida l’umana urbanità. E’ lei, infatti, la vera padrona di casa, la regina della Costa Azzurra: la natura. Non sembra nemmeno di trovarsi a una manciata di chilometri dalla mondanità, e questa stretta vicinanza tra l’effervescente vitalità del Principato di Monaco con la mistica pace dei borghi circostanti offre al visitatore un ventaglio di emozioni in grado di appagare tutti i sensi e tutti i gusti.

EZE, “MORIENDO NASCOR”
Avventurandosi lungo i tornanti delle colline attorno a Monte Carlo, si approda al borgo di Eze, anticamente Eza, oasi di inatteso silenzio e rarefatta quiete che sorprende per la sua illibata bellezza. Non sorprende, invece, che proprio lungo questi sentieri, Nietzsche nel 1883 compose uno dei capitoli più intensi di “Così parlò Zarathustra”, ispirato probabilmente dalla complice magia della natura. Olivi secolari, lentischi, euforbie, querce, cipressi e ogni espressione floreale tipicamente mediterranea devono avere sopraffatto il filosofo che, attratto da quell’indefinita melodia cromatica tra mare e cielo, inventò l’aggettivo “alcioniano” per esprimere le molteplici tonalità d’azzurro che gli titillavano l’animo. Ancora oggi, in vetta al villaggio, a 430 metri sul livello del mare, lo sguardo è rapito da uno dei panorami più poetici della riviera francese e s’allunga fino alle prime luci di Cap Ferrat. Il Giardino Esotico di Eze, voluto nel 1949 dall’ingegnere agronomo Jean Gastaud, somiglia al mitico Giardino delle Delizie di Epicuro. Quest’angolo di paradiso pullula di agavi, aloe, euforbie e cactus disseminati lungo le terrazze digradanti verso il mare, interrotte qua e là da sorprendenti sculture a metà tra il romantico e il surreale. Una sosta qui invita alla rigenerazione spirituale. Non a caso, il motto dello stemma araldico di Eze è “moriendo nascor” (dal latino “morendo rinasco”) e il suo simbolo iconografico è rappresentato da una sinuosa fenice posata su una colonna di pietra bianca che traluce d’azzurro.
Se il passato di Eze è intuibile dalle sue costruzioni, dalla chiesa e dalle mura, per coglierne l’animo attuale è opportuno lasciarsi guidare dall’istinto dei sensi e fidarsi degli aromi dei fiori abbeverati dalla brezza salmastra, fiori che, nella non lontana Grasse, si fanno preziose essenze grazie ai laboratori di profumeria di Fragonard. Tra tutte le case del villaggio, quella dei Riquier, primi signori del borgo, si distingue per la possente porta ornata di bassorilievi. Tuttavia Eze ospita molte altre incantevoli dimore dislocate nel verde che tutte insieme tessono un continuo dialogo tra dentro e fuori, tra architettura e natura. In particolare il Château de La Chèvre d’Or rappresenta l’eccellenza per il visitatore che desideri abbandonarsi allo charme più esclusivo e allo stesso tempo voglia sentirsi naturalmente parte del luogo. Le 5 stelle che designano il Château come uno dei migliori resort appartenenti alla catena Relais et Chateaux non sono sufficienti a descrivere l’atmosfera che qui si assapora: occorre viverla. La storia di questo “Hotel diffuso” - in cui le 38 stanze (di cui 7 suites) spuntano qua e là donando all’ospite un’intimità privilegiata all’interno del borgo - risale agli anni ‘50 quando un ricco inglese, Robert Wolf, innamoratosi di quel che era una dimora privata, volle farne un ristorante. In seguito, sotto la strategia manageriale di Monsieur Thierry Naidu, il destino de la Chèvre d’Or ha collezionato prestigiose stelle: dalle 2 Michelin per il Ristorante alle 5 dell’accoglienza tout court, accoglienza tra le più rinomate di Francia. Basti pensare che Marcel Tilloy, il fondatore di Relais et Chateaux, fu talmente sedotto da Eze Village che ne fece uno dei 6 passi della cosiddetta “Route de Bonheur”, la Strada della Felicità. Un soggiorno qui dona, infatti, tutto il sapore della joie de vivre: la cura dei dettagli in ogni ambiente, la possibilità di abitare la Suite Jean Cocteau o la Suite Luis Navarro, la lietezza di sostare nel silenzio dei giardini allietati dal gorgheggiare delle fontane, o d’immergersi nella piscina a strapiombo sul mare, o di rigenerarsi nello spazio fitness per poi concedersi il piacere della tavola nei Ristoranti Le Remparts, Eden e Le Cafè du Jardin. Qui le aristocratiche delizie dello Chef Ronan Kervarrec e del maestro pasticcere Julien Dugourd compiono il miracolo finale, conquistando i commensali con proposte gastronomiche degne di un desco regale. Tutto questo continua ad attrarre grandi personaggi del mondo politico, artistico e culturale internazionale ma l’invito a sostare in questo paradiso è rivolto a tutti coloro che vogliono assaporare, almeno una volta nella vita, l’apoteosi dei piaceri terreni.

ANTIBES JUAN LES PINS, ALL’OMBRA DEL DOLCE FAR NIENTE
Antibes, a metà strada tra Nizza e Cannes, con i suoi anfratti che si tuffano nel Mediterraneo, rappresenta il “dolce far niente” tinto d’azzurro e bianco, come le nuvole che si specchiano nel mare. Victor Hugo lo descriveva come il luogo dove “tutto splende, tutto fiorisce, tutto canta” e molti artisti hanno eletto questa cittadina quale musa ispiratrice di opere pittoriche e letterarie. Sarà la sua quiete evanescente, la spumeggiante brezza che si frange sulle rocce, o i trascorsi storici ancora vivi nel Museo di Picasso eretto sulle rovine dell’acropoli greco-romana, o ancora le boutiques multicolori e il mercato provenzale denso d’irresistibili fragranze. Fatto sta che una sosta qui è d’obbligo, sia per godere dell’incanto della natura, sia per approfittare dei numerosi eventi culturali che animano il paese, tra cui il noto festival jazz.
Chi volesse soggiornare a Cap d’Antibes gustandone appieno la vitalità senza rinunciare all’intimità può affidarsi all’ospitalità del 5 stelle Cap d’Antibes Beach Hotel, trasformato dalla Famiglia Ferrante in Hotel di lusso e appartenente dal gennaio 2010 alla catena Relais et Chateaux. Affacciato direttamente sul mare che lambisce una candida spiaggia privata attrezzata di ogni confort, l’Hotel sposa un’atmosfera rilassata e un design contemporaneo, in cui l’architettura leggera dà voce ai colori pastello degli interni in legno che ben si armonizzano con quelli della vegetazione circostante.  12 stanze Delux, 10 Privilege e 5 Suite offrono agli ospiti un’accoglienza al contempo casual e chic, insieme al “Summer Beach Wellness” e ai due ristoranti, “Les Pecheurs” sulla omonima spiaggia (una stella Michelin) e “Le Cap”. Lo Chef Nicolas Navarro, “meilleur Ouvrier de France 2000”, è l’artefice delle tentazioni del palato, colorate, saporite e salutari: dai virtuosismi mediterranei di terra e mare  ai guizzi esotici più sopraffini. Felice, per esempio, è l’abbinamento di una sensuale tartare di salmone tagliata a coltello con croccanti fettine di mela verde e audaci scaglie di zenzero. Il tutto incorniciato, naturalmente, da ottimi vini, da un panorama da favola e da note musicali soffuse che scivolano lievi in mare sulle ali del vento.

SAINT PAUL DE VENCE, UN MUSEO A CIELO APERTO
Un dedalo di stradine che si snoda tra le dimore in pietra tra le colline fa di questo comune una gemma d’architettura sopravvissuta al tempo. Ogni angolo racconta del vissuto medievale e del ruolo strategico che il comune ebbe nella politica militare fino al ‘700. Tuttavia, la fierezza del passato è sopraffatta dalla poetica leggerezza del presente, ricamata di bellezze naturali e artistiche che hanno conquistato l’animo di artisti come Chagall e Prévert. Luigi XIV diceva che “il sole è più splendente a Saint Paul che in qualsiasi altro luogo in Provenza” e ammirare il borgo dalle colline, prima di addentrarsi nel suo cuore, dà proprio questa sensazione di dorato splendore. Da fuori il paese sembra un presepe accoccolato nel verde, da dentro invece è uno scrigno di negozi d’arte, antiquariato, profumi, caffè e cantine dove apprezzare non solo le bellezze ma anche le bontà del posto. Dopo aver appagato lo spirito con una visita alla Chapelle Folon, con i suoi tenuti mosaici dai colori fanciulleschi, si può pensare d’accontentare il corpo con una degustazione di vini eccellenti alla Petite Cave sotto la guida esperta di Frédéric Theys, fascinoso e sapiente sommelier parigino. Infine, per decantare le sensazioni del corpo e appagare anche la mente, la Fondazione Maeght (Fondation Marguerite et Aimé Maeght) offre una passeggiata alla scoperta di opere moderne e contemporanee d’eccezionale prestigio. Si tratta di una fondazione privata ricreata in un complesso innovativo all’aria aperta, ideato dall’architetto catalano Josep Lluis Sert, che armonizza l’ambiente naturale con l’arte moderna e contemporanea in tutte le sue forme. Il cortile Giacometti, il labirinto di Mirò, i mosaici di Chagall, la vasca di Braque, la fontana di Bury e la via crucis di Ubac sono solo alcune tappe contemplative di questo Museo che quest’anno compie i suoi primi 50 anni, celebrati con numerosi eventi ed esposizioni.
Una visita a Saint Paul de Vence merita un soggiorno all’altezza del contesto e l’Hotel La Vague de Saint Paul, nuovo 4 stelle del gruppo Phoenix Hotels Collection, offre il meglio di sé sotto la direzione del giovane Guillaume Puig, che al bon ton francese mescola la tempra delle origini catalane e calabresi. 50 stanze tra Classic, Superior, Luxe e Suite, distribuite in una struttura architettonica sinuosa immersa nel verde, trasmettono un’atmosfera informale ma elegante e, insieme alla piscina esterna, al campo da tennis e al centro benessere, soddisfano tutte le esigenze degli ospiti. Il Ristorante “Bistrot”, con i suoi ampi spazi luminosi, propone piatti che soddisfano gli appetiti degli epicurei più sopraffini. Lo Chef bulgaro Emil Sevastakiev pone sensibile attenzione non solo alla qualità ma anche all’estetica, in una calibrata piacevolezza di forme e sapori che rispetta i ritmi dei prodotti stagionali, attingendo al ricco inventario della mediterraneità.

MOUGINS E IL PICCOLO LOUVRE
L’incantevole villaggio di Mougins, situato tra Cannes e Grasse, ospita la dimora di Pablo Picasso che qui scelse di vivere gli ultimi anni della sua esistenza e vi morì all’età di 91 anni. Il suo maniero in stile provenzale, conosciuto come Mas de Notre-Dame du Vie, mantiene viva la presenza del pittore che pare ancora vagabondare coi suoi pennelli in questo borgo ameno, apparentemente immobile nel tempo. Ma c’è un altro luogo, tesoro di memorie artistiche, che rende Mougins un’attrattiva per il turista colto e curioso: si tratta del MACM (Musee d’Art Classique de Mougins), diretto da Madame Leisa Paoli. Questo spazio, inaugurato nel 2011 e affettuosamente chiamato “il piccolo Louvre”, ospita insospettabili ricchezze, frutto di collezioni private appartenute a Christian Levett, fondatore del Museo. Dalla più grande collezione di armature militari greco-romane, a opere di Rubens, Cézanne, Chagall, Matisse, Picasso, Dalì e Warhol, il MACM fonde l’arte classica al surrealismo contemporaneo, proiettando il visitatore in un percorso culturale senza confini temporali.
Ideale, per completare una visita a Mougins all’insegna dello charme, è un soggiorno a Le Mas Candille, Hotel 5 stelle che offre un eclettico blend di architettura classica e moderna immersa in un parco di cinque ettari, superbamente completato dal primo centro benessere Shiseido in Europa. Originariamente la struttura era un vasto vigneto e un bivacco napoleonico, prezioso deposito di vino e olive. Oggi, persa la sua funzione agreste, l’Hotel appartiene alla catena Relais et Chateaux e accoglie 46 camere, incluse 7 Suite, tutte arredate con raffinata eleganza in tipico stile francese e distribuite in tre ambienti: Le Mas, La Bastide e La Villa Candille. Cuore dell’Hotel è la piscina dalle femminee curve affacciata sulle colline di Grasse, con il suo ristorante La Pergola, e fiore all’occhiello del resort è il Ristorante Le Candille.  Il talento dello Chef Serge Gouloumès (meritata stella Michelin dal 2005) promette di incantare i palati più smaliziati e sorprende sempre con un tocco di originalità che contribuisce a rendere indimenticabile il soggiorno a Le Mas Candille. La filosofia culinaria dello Chef sposa le nuances esotiche più ricercate ai sapori mediterranei, italiani e provenzali, con un’attenzione all’estetica che tocca la perfezione artistica. L’arredamento del Ristorante e del Bar du Mas riprende i caldi colori primaverili che anticipano i frutti dell’estate, così il rosso porpora delle poltroncine accende il candore dei tavoli ornati di fiori profumati, avvolgendo l’ospite in un caldo abbraccio.  Il Direttore dell’Hotel, Giuseppe Cosmai, ha evidentemente saputo coniugare il meglio dell’italianità con il massimo dell’espressione d’hotellerie francese, facendo di Le Mas Candille l’ennesima opera d’arte di Mougins.

martedì 6 maggio 2014

L’ANGOLO OLIANDOLO


EQUILIBRIO E ARMONIA PER UN SICILIANO DOP

Verde come le colline trapanesi, musicale al palato e gentile nel piatto, il Nocellara del Belice di Domenico Bonanno trasforma l’amore per la terra in benessere a tavola

  
Chiamare “condimento” un olio di qualità è un insulto. Poiché quando un olio è prodotto con la sapienza dell’amore, non rappresenta semplicemente qualcosa “in più”, da aggiungere o togliere con il gusto del capriccio, bensì diventa un elemento indispensabile: l’anima stessa di un piatto.
E l’olio Bonanno è uno di essi.
L’azienda di Domenico Bonanno è frutto di una grande passione di donne e uomini nei confronti di una terra prodiga, uniti da un rapporto di reciproco scambio. L’uomo offre lavoro e rispetto, la terra restituisce bontà e qualità. Siamo in una delle zone più generose di Sicilia: l’azienda sorge, infatti, a Campobello di Mazara, in provincia di Trapani, dove il terreno già fortunosamente ricco assorbe l’alito benefico del mare, impreziosendosi ancor più.  Il punto forte della produzione dell’azienda è senza dubbio l’olio d’oliva extravergine “Nocellara del Belice” a denominazione di origine protetta, insignito di premi e riconoscimenti ampiamente meritati.
Ma qual è il segreto di Domenico Bonanno per riuscire ad emergere tra i tanti bravi produttori della sua isola? La sua produzione agricola si basa su un principio: conciliare il rispetto per le antiche tradizioni con i più innovativi metodi di lavorazione, investendo ogni giorno su un’esperienza secolare. L’olio extravergine di oliva ottenuto da queste terre con raccolta esclusivamente a mano offre, infatti, eccellenti proprietà organolettiche e nutrizionali che raccontano la storia di chi ama il proprio mestiere. La ricerca meticolosa dell’alta qualità ha portato l’azienda Bonanno tra le prime ad ottenere la denominazione DOP. Equilibrio e armonia rivelano una bassa acidità e un alto potere antiossidante che, insieme, rendono l’olio Bonanno non solo buono ma anche sano. Il colore verde intenso parla il linguaggio delle colline trapanesi e il sapore fruttato ne racconta tutta la generosità, con un retrogusto di mandorla che mette vivacità in bocca. In lontananza, si dipanano vaghi sentori di carciofo e pomodoro che completano la musicalità gustativa con note agresti che fanno la differenza. Grazie alla sua corposità leggera e vellutata, l’extravergine Bonanno è una presenza essenziale in cucina, poiché la sua struttura gentile e mai invadente non corrompe i sapori, bensì li esalta con sobria eleganza.
Altre specialità dell’azienda Bonanno sono le olive da tavola Nocellara del Belice DOP, magnifiche per un antipasto sfizioso: intere in salamoia o schiacciate e insaporite con basilico, origano, peperoncino, aglio. Inoltre, il frutteto dell’azienda regala un ricco ventaglio di frutti dal profumo e gusto inconfondibili, come solo questa terra può sprigionare. Il trionfo della frutta qui è rappresentato da gustose marmellate di arance, mandarini, limoni, fichi d’india e gelsi rossi. Tanto per finire in dolcezza, possibilmente ospiti della squisita accoglienza della Famiglia Bonanno.