La Natura è una
benevola e astuta fattucchiera.
Lo rivela
soprattutto in primavera, quando si veste di colori sgargianti e si profuma di
fragranze inebrianti, stanca del frigido inverno. Sembra un’adolescente
verginale che sboccia in procace donna, destinata a un iniziatico amplesso. Il
suo scopo, ora, è quello di flirtare, di adescare e di sedurre le creature
alate che, come corteggiatori ebbri di gioia, amoreggiano da fiore in fiore.
Saranno loro a perpetuare il miracolo della vita, attraverso un’inconsapevole e
istintiva copulazione cosmica.
Quello dei fiori è
un mondo voluttuoso, turgido e zuccherino. Spesso delicato, ma talvolta anche
osceno e inquietante, si manifesta in infinite declinazioni aromatiche,
cromatiche, di simiglianze e di allusioni. Il profumo delle corolle diffonde
nell’aria una sinfonia irresistibile, trasportata da ali d’uccelli e turbinar
d’insetti. E’ una melodia che lecca la pelle e che carezza l’anima, ridestando
anche noi umani a nuova vita. Il profumo inebriante si trasforma, così, in
musica e invita alla danza più sensuale dell’Universo, la danza dell’amore.
Forse è proprio
questa la musica che animava le donne nell’antica Grecia quando, in primavera,
si recavano nei prati a cogliere i fiori da offrire a Era. Lei, la Grande
Madre, era venerata nel Tempio di Argo come Antheia, la dea dei fiori da sempre
simboli eccelsi della femminilità. Così profumati e vibranti, dalle tenere
carni schiuse e accattivanti, i fiori sono l’organo sessuale più affascinante
del mondo vegetale, emblema della seduzione, del possesso e dell’osare. E come
tutte le conquiste, anche questa non è mai priva di rischi per le creature
alate, costrette a destreggiarsi tra ostacoli spinosi, trucchi e trabocchetti.
Le insidie non
scoraggiano, tuttavia, gli appetiti sessuali. Lo scopo dei fiori è ineluttabile
ed è quello di perpetrare la vita attraverso questo sposalizio cosmico. E’ per
questo che i fiori assumono colori e profumazioni così attraenti e nulla nel
loro aspetto è casuale. I fiori fecondati dalle farfalle notturne sono pallidi,
spesso bianchi, per essere più visibili al buio, e diffondono effluvi mielati
per ingolosire i lepidotteri; i fiori che adescano mosche sono, invece, di
colore bruno o purpureo ed emanano odori penetranti e nauseabondi, poiché i
ditteri sono attratti dalle sostanze in decomposizione. Moltissimi fiori hanno
colori e profumi per noi impercettibili ma vivacissimi ai raffinati sensi degli
insetti. Altri, infine, apparentemente poco affascinanti, si raggruppano in
seno ad ampi cespugli irresistibilmente rigogliosi, esasperando così il proprio
fascino. Insomma, tutte le arti femminili sembrano magistralmente espresse nel
teatro floreale, che sfuma dalla pudica castità della margherita, alla
sfacciata oscenità dell’orchidea.
A mio parere, i fiori più maliziosi sono le
orchidee – o ofridi - un esempio straordinario d’esuberanza erotica in mezzo a
tanto romantico pudore. Questi fiori, sgargianti e tenui, involuti e carnosi,
hanno un’organizzazione talmente complessa da essere rimasti a lungo un
mistero. Le orchidee sono fortemente selettive e, a differenza di quanto la
loro disinvoltura potrebbe suggerire, non si prostituiscono facilmente.
Infatti, ammettono una sola specie d’insetti impollinatori e molte di loro hanno
escogitato astuti stratagemmi per attirare i copulatori prediletti, escludendo
tutti gli altri. Ad esempio, le ofridi del mediterraneo si travestono da
insetti: ci sono ofridi a forma di mosca, di ape, di ragno e di calabrone, per
attirare l’attenzione degli animaletti che esse imitano. La bellissima ofride
calabrone modella il labello del suo fiore di un colore nero intenso e
lanuginoso, che riproduce esattamente il corpo del calabrone maschio. In più,
per completare il travestimento senza destare sospetti, distilla un odore
afrodisiaco identico a quello che emana la femmina di questa specie d’insetto.
In questo modo, il calabrone maschio, convinto di conquistare la virtù di una
sua simile, s’affaccenda forsennatamente ad accoppiarsi con lei, o meglio, con l’illusione
di lei, caricandosi del polline che trasporterà poi altrove adempiendo alla sua
vitale missione. L’ironia vuole che quest’allucinata copulazione produca una
vera fecondazione, anche se a riprodursi non sarà il famelico insetto, bensì
l’astuto fiore, in un inconsapevole scambio di piacere.
Mi piace pensare che questo corteggiamento
amoroso del calabrone attorno alla bella orchidea somigli un po’ a quello tra
l’uomo e la donna. Ci potrà, così, essere un calabrone più spavaldo e audace, e
un altro più timido e romantico. Mentre il primo sfoggerà d’impeto il suo
possente pungiglione, l’altro ricorrerà alla sua vena poetica che immagino, più
o meno, così:
Oh
petalo in fiore
oh
fiore di petalo
lascia
ch’io giochi col tuo calice,
che
danzi sulla tua bocca
circondata
di spine
e
ti baci senza timore
come
un astuto
ladro
d’amore
Oh
fiore di petalo
oh
petalo in fiore
ubriacami
col tuo profumo
stringimi
tra i filamenti
della
tua corolla
e
offrimi il miele
dell’amante
docile
e
infedele
In
cambio io sono qui
piccolo
insetto timoroso
a
filare bozzoli
di
umana poesia
per
dar coraggio
all’ansimante
pungiglione
di
un umile poeta
calabrone.
Quando il calabrone dal possente pungiglione
avrà consumato il focoso amplesso, il suo rivale dall’estro poetico sarà ancora
alle prese con eccitanti preliminari.
A questo punto, non resta che l’umana
curiosità di sapere quale delle due astute e infedeli orchidee sarà, alla fine,
più appagata.
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