La
lentezza può essere una scelta di vita.
Può
suonare anacronistico questo pensiero in un mondo come il nostro, dove il tempo
sembra avere sempre più valore per ciò che si fa o si ha, piuttosto che per ciò
che si è. Si corre, si arraffa, si grida, si fa a gara sgomitando per arrivare
primi, dimenticando che il tempo ha le sue despotiche leggi e non si lascia
corrompere né addomesticare.
Così,
la concitazione, l’ansia, la frenesia e l’impazienza, rischiano di non essere
più solo la maniera con cui raggiungere il traguardo prefisso ma finiscono per
diventare il traguardo stesso, lasciando le nostre menti sempre più affaticate
e le nostre mani sempre più vuote.
Tuttavia,
credo che ognuno, durante il viaggio dell’esistenza, possa decidere quale
velocità imprimere al proprio procedere, a partire dai gesti quotidiani più
semplici e scontati. Così, con la giusta lentezza, la vita può assumere
l’aspetto di una pioggerellina fine e ristoratrice, piuttosto che quello di
un’onda prepotente e fagocitante.
Respirare
lentamente è un esercizio non
esclusivamente fisico ma anche spirituale, che riduce la tensione, induce un
senso di quieta eccitazione e predispone l’animo a una più consapevole
partecipazione alla vita.
Osservare
lo scorrere dei panorami lentamente
aiuta a capire che le giornate non sono la semplice ripetizione degli
scarabocchi di ieri, bensì la rinnovata creazione del domani, sempre diverso e
pronto a sorprenderci con i suoi colori.
Mangiare
lentamente permette di assaporare effluvi,
consistenze e sfumature aromatiche inafferrabili dall’ingordigia, stabilendo un
contatto intimo con il piacere del gusto, dato dal dialogo concertato con tutti
gli altri sensi.
Conversare
lentamente, concedendo
all’interlocutore il tempo per pensare, rispettando con educazione le pause, i
ritmi e i silenzi, è una buona abitudine troppo spesso dimenticata, che
trasforma l’umiltà in generosità e ricchezza conoscitiva.
Ascoltare
lentamente insegna a far spazio
dentro di sé per ospitare qualcuno di diverso, eppure somigliante, invita al
confronto accogliente e lascia che le parole dell’altro volteggino libere come
piume, prima di posarsi sulle nostre, intrecciando con esse nuove ali.
Passeggiare
lentamente meditando, indugiare in
silenzio ad aspettare che i pensieri ci raggiungano, senza inseguirli, richiede
calma e regala calma, trasformando lo spazio interiore d’apparente sospensione
in slancio emotivo e creativo.
Sognare
lentamente, concedersi il tempo del
riposo e delle fantasticherie, avvicina a quello sciabordio tra attenzione
vigile e incoscienza che più somiglia al dolce far niente uterino, dove la
mollezza onirica diventa incomparabile effervescenza inventiva.
Aspettare
lentamente educa a pregustare le
primizie senza consumare l’immaturo frutto del piacere, facendo riscoprire
l’eccitazione del corteggiamento, del chiedere permesso, del cauto sfioramento
e del tacito consenso.
Amare
lentamente, penetrare piano la sfera
emotiva della persona amata, con garbo, rispetto e partecipazione, insegna che
il nostro procedere esistenziale non è destinato ad essere solitario. C’è
sempre tempo per l’Amore. C’è un tempo per le parole, un tempo per gli sguardi,
un tempo per le carezze e uno per la passione. E anche la passione più focosa
richiede la giusta lentezza per esprimere la sua forza vitale senza che bruci
nel lampo di un’eruzione. Non esiste trasgressione più audace dell’intimità
condivisa in privato con chi s’impara ad amare, nel cauto esplorare gli
anfratti turgidi e segreti del desiderio. Anche un bacio deve nascere lento,
soffice e gentile per comunicare la pienezza dell’amore, come un passo di danza
mosso in pacata alternanza, golosa promessa d’altri vertiginosi e umidi
volteggi.
Fare
l’amore lentamente, affidandosi con
fiducia l’un l’altro, è la beffa più sublime che noi, esseri umani innamorati,
possiamo giocare al tempo, sovvertendo leggi e limiti, scavalcando confini e
orizzonti, abbattendo muri e maschere, consapevolmente ebbri, insieme, nel
tiepido fluire del reciproco piacere. Distillare l’impeto in un crescendo
lascivo, diluirlo in trascinati sospiri di desiderio, è l’arte umana che più
avvicina al divino. E’ un’apparente immobilità, dove l’afflato vitale pare
morire e rinascere a ogni goduto spasmo, a cavallo di una sincopata sinfonia
scandalosamente nuova, eppure pudicamente familiare.
Allora,
la lentezza condivisa con chi si ama rasenta l’eternità e dona l’illusione di
una conquistata immortalità.
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