giovedì 21 novembre 2013

La ricchezza della cucina povera


Se è vero che la Ribollita appartiene alla cosiddetta ‘cucina povera’, ebbene evviva la povertà, perché rende più robusto il corpo e più ricco lo spirito. 
Come non esultare, infatti, al cospetto dell’esuberanza d’un piatto schietto e sincero che infonde vigore al solo sguardo, magari accanto a un camino dove la brace crepitando evoca languidi affetti e memorie infantili? 
Quel profumo avvolgente delle verdure scaldate a fuoco lento, quella pastosa fumosità dei fagioli rimestati a lungo da mani sapienti, e quell’olio di olive che con sensuale femminilità tutto carezza e ammansisce, con tale materno garbo da commuovere i sensi. 
Sacralità e quotidianità sembrano mescolarsi insieme agli effluvi caldi della generosa ciotola.
L’energia sembra ribollire da quella fragranza odorosa di campi e di storia e così la semplicità d’un piatto povero si traduce in turgore e vigore, un complice invito a consumare con la giusta lentezza, cucchiaio dopo cucchiaio, quel concentrato di natura che rende forti e sani. 
Ed ecco, infine, un tocco segreto che piacevolmente sorprende: compare la polenta, al posto dell’usuale pane, sottofondo che infonde una paciosa leggerezza a un piatto che sa essere elegante pur servito su un tavolo di legno in un ameno contorno di campagna. 
Non serve altro per ‘vivere’ la Ribollita: il piacere lo dona lei e l’energia la conquistate voi. 
Altro che povertà!

mercoledì 20 novembre 2013

Il Rinascimento del vino: il Chianti



“La poesia consiste nel fare entrare il mare in un bicchiere” scriveva con sobria eleganza Italo Calvino. Analogamente si può dire che l’arte di fare il vino consiste nel fare entrare la storia di un intero territorio in un bicchiere. Perché un vino non è solo bevanda e alimento, è anche cultura e tradizione di gente innamorata della propria terra e del proprio lavoro.
Il Chianti ne è un perfetto esempio e nel nome sta racchiuso il suo segreto: Chianti è sinonimo di vino ma anche di territorio. E’ il cuore rinascimentale della Toscana, accoccolato tra le morbide curve dei Colli Fiorentini, Senesi e Pisani - tra le provincie di Arezzo, Firenze, Pisa, Pistoia, Prato e Siena - dove alla generosità della natura s’intreccia l’orgoglio di una storia millenaria, ancora viva nei numerosi borghi medievali tra cui spiccano i pittoreschi Monteriggioni e San Gimignano. Qui, attraverso il vino, l’essenza distillata da un suolo unico per clima e biodiversità sembra riversarsi nelle vene risvegliando il corpo alla vita e, una volta ridestato il corpo, ecco che invade dolcemente l’anima rievocando un passato mai del tutto passato. Ecco allora che sospinti da un sorso profumato, i pensieri galoppano, i sentimenti volteggiano e le parole danzano, al piacevole ritmo dei racconti di donne e uomini che di questo nettare oggi sono artefici. Sono storie di intere generazioni, nonni, madri e nipoti, grandi famiglie che hanno condiviso fatica e passione. Ed è proprio questo che si sente dentro un bicchiere di buon Chianti.
Il filo conduttore di questi vini è l’eterna giovinezza: nelle sue numerose declinazioni, sempre sobrie ed eleganti, il Chianti si propone come una gamma di vino facile da capire e da apprezzare, mai vanitoso, piuttosto democratico, godibile da giovane ma capace d’invecchiare con dignitoso brio. Con quell’inconfondibile rosso porpora, i tannini evidenti e il profumo vinoso, il Chianti è un invito a tutti per farne una sana abitudine quotidiana, come i riti familiari più antichi e conviviali, quelli che rinforzano il corpo e rincuorano lo spirito.
Ecco alcuni indirizzi dove poter sostare per gustare tutti i piaceri del Chianti, sia per una vacanza all’insegna della salute sia per una degustazione tecnica incorniciata dalla natura. Famiglie fiere di condividere saperi e sapori vi accoglieranno in un’intima convivialità fatta di ottimo pane e olio, vellutate ribollite, succulente fiorentine e suadenti cantucci con Vin santo. Naturalmente il tutto condito da una buona compagnia, perché il Chianti è anche sinonimo di schietta allegria.
In piazza della Sala, nel cuore storico di Pistoia, questa piccola osteria ricrea un’atmosfera davvero originale, in un ambiente tipicamente toscano. Semplicità e grande senso dell’accoglienza caratterizzano ogni spazio e l’estro dei proprietari aggiunge quel tocco impagabile di giovane familiarità. L’esposizione e la vendita dei prodotti locali ha un ruolo privilegiato: dai formaggi ai salumi, dai vini all’olio. Ma è la tavola a conquistare l’ospite, con le migliori ricette toscane e gli allegri vini.
Prende il nome dall’omonimo borgo appollaiato sulle colline di Scandicci, a sud ovest di Firenze: una villa cinquecentesca immersa in duecento ettari di terreni, tra vigneti di Sangiovese, Colorino, Merlot, Cabernet e Sauvignon, uliveti e seminativo. Il rispetto per l’equilibrio naturale dell’ambiente fa dei prodotti della Fattoria un’eccellenza biologica apprezzata anche all’estero. Allevamenti di suini di razza Cinta senese, bovini di razza Angus e Chianina e galline, produzione di olio extravergine d’oliva e vino, di miele e zafferano, fino al Vin santo: qui tutto nasce dall’amore per la terra. Notevole una degustazione in compagnia degli affabili padroni di casa: dall’extravergine Laudemio su pane abbrustolito, a una verticale di Chianti abbinato a salumi e formaggi, fino a un sensualissimo Vin santo con cantucci e castagne.
E' una delle più antiche fattorie della zona, custodita da una deliziosa chiesa romanica del IX secolo che scruta l’orizzonte fino alle torri di San Gimignano. Da tre generazioni la Famiglia Cappelli si dedica con passione alla Fattoria cercando di creare un luogo irripetibile, nel rispetto della tradizione e del territorio che la accoglie. La Fattoria produce una vasta gamma di Chianti, tutti eleganti e particolarmente raffinati anche nell’etichettatura, oltre a olio extravergine, grappa e Vin santo. Otto appartamenti sono a disposizione degli ospiti che desiderino condividere il piacere di sentirsi a casa anche lontano da casa, magari alternando a una degustazione verticale una piacevole caccia al tartufo guidata, con tanto di cane al guinzaglio.
Azienda Bindi Sergardi http://www.bindisergardi.it/
Varcare l’ingresso di Casa Bindi Sergardi, nel suggestivo borgo medievale di Monteriggioni (SI), significa calarsi nella storia millenaria di una famiglia fiera del suo passato e proiettata verso un altrettanto florido futuro. Il presente è fatto da un’Azienda solida come la trama famigliare che la tesse: l’attuale proprietario Nicolò Casini insieme alla simpaticissima moglie e ai figli, tra cui la brava Alessandra, eredita e alimenta una tradizione che risale al 1349. Le sue parole raccontano meglio di ogni descrizione l’anima dell’Azienda: “Oggi i miei figli lavorano con me e questo miscuglio di sangue e di terra mi fa sentire eterno.
E ‘una sensazione straordinaria che desidero condividere con chi si avvicina ai nostri vini.” L’ospitalità della Famiglia Bindi Sergardi, con le tagliatelle fatte a mano, lo sformatino di zucca, l’immancabile pane e olio e molto altro ancora, fa da controcanto a una degustazione di vini Chianti schietti e sinceri, proprio come i loro sorrisi.
Cantina Pietraserena http://www.awf2000.com/
Verso la metà degli anni 60, la famiglia ligure Arrigoni arriva a San Gimignano (SI) e oggi, con i suoi quaranta ettari di terreno, rappresenta un’impresa di spicco sia per il mercato italiano che estero. Quattro generazioni hanno affidato speranze, attese e forza di volontà alla realizzazione di un progetto che ora è realtà. Forte di un terreno generoso per ubicazione, esposizione al sole e composizione del suolo, l’Azienda propone un ottimo olio extravergine spremuto direttamente a freddo nel frantoio interno, oltre a un’ampia gamma di Chianti e alla classica Vernaccia di San Gimignano. L’Azienda è fedele alla semplicità della tradizione ma vanta l’apertura al mercato enoico internazionale più difficile, quello cinese.
Fattoria La Gigliola http://www.lagigliola.it/
La Famiglia Piazzini ha sposato tradizione e innovazione, rendendo la Residenza La Gigliola un vero e proprio nido accogliente e appetitoso. Trecento ettari di terreno, tra uliveti e vigneti, si srotolano attorno a Monterspertoli (FI) e, insieme a boschi di querce, cipressi e pini, incorniciano la Villa come dentro un quadro. Circa 50 stanze, ognuna con una propria personalità, invitano gli ospiti ad assaporare il silenzio e il profumo della natura. A loro disposizione anche piscina e campo da tennis. A tavola, accanto a un bel camino caldo, sono i prodotti della terra a conquistare: dall’olio extravergine d’oliva al ventaglio di vini, frutto della sapiente lavorazione di Sangiovese, Canaiolo, Merlot, Cabernet e Syrah per i rossi, Trebbiano, Malvasia e Chardonay, per i bianchi. La simpatia della signora Anna e del figlio Paolo è un altro buon motivo per far visita alla Fattoria La Gigliola e aggiungere un tocco di poesia in più a una vacanza indimenticabile.

venerdì 15 novembre 2013

IL VINO ITALIANO SOSTENIBILE SI CERTIFICA CON “MAGIS”




La Sala Stella Polare del Centro Congressi a Fiera Milano Rho è gremita. L’appuntamento del 14 novembre è con Magis, progetto di ecosostenibilità firmato Bayer CropScience. In occasione del convegno “Il vino italiano sostenibile si certifica con Magis”, Bayer CropScience Italia, riceve la certificazione dall’ente terzo indipendente DNV Business Assurance. Questa è una delle tappe fondamentali di un progetto in costante divenire. Magis nasce 5 anni fa e da allora ha arruolato circa 150 aziende vitivinicole italiane.
Un parterre d’ospiti d’eccezione per raccontare cos’è Magis, cosa significa Sostenibilità e qual è il ruolo della Comunicazione: Domenico Zonin, Unione Italiana Vini; Attilio Scienza, Università Statale di Milano; Emilio Defilippi, Assoenologi; Massimo Berlin, DNV Business Assurance in Italia; Silvio Cittar, Bayer CropScience; Enrico Giraudi, J. Walter Thomson. L’incontro, condotto dalla brava Anna Scafuri, giornalista RAI, è culminato con la consegna delle prime certificazioni Magis da parte di Roberto Rabachino, Associazione Stampa Agroalimentare.
Cos’è Magis. Il progetto nasce da una domanda: cosa chiedono i consumatori italiani? Chiedono trasparenza nel bicchiere, per gustare con fiducia la piacevolezza del vino. Magis certifica un modo di fare fondato su principi di sostenibilità: il rispetto per la Terra e per il consumatore; il “fare sempre meglio” come vocazione e modello etico; una profonda e dettagliata conoscenza del processo produttivo e della materia prima. Da oggi, per chi acquisterà una bottiglia di questi vini, Magis si tradurrà in una garanzia di trasparenza e credibilità, grazie al coinvolgimento di un Comitato tecnico-scientifico presieduto da Attilio Scienza, padre ideale di Magis. Il protocollo Magis fornisce dunque una guida pratica per la gestione sostenibile del vigneto e sarà costantemente aggiornato per adeguarsi alle necessità di ogni regione, biodiversità e cambiamenti climatici. Quattordici aziende vitivinicole italiane ricevono la certificazione Magis e altre cinque la riceveranno a breve: i loro vini potranno così utilizzare il marchio Magis sulle bottiglie. La certificazione è anche un passaporto per sostenere con fierezza le dinamiche del mercato globale.
Cosa significa Sostenibilità. Crescere assieme e fare sempre meglio: questo è Sostenibilità.  L’agricoltura sostenibile fa solo quel che serve, dove e quando serve, rispettando la salute del suolo e del vigneto. Questo non significa “biologico” ma “fare” con un equilibrato senso della misura senza abusare del potere dell’uomo sulla Natura. Il suolo è complesso e anche un piccolo vigneto va capito affinché produca un vino di qualità senza sacrifici. Magis stimola l’attenzione dei viticoltori al linguaggio del terroir, affinché un’autodiagnosi sia il primo passo per una viticoltura sostenibile. Il concetto di sostenibilità è pertanto destinato a diventare “normalità” di un processo che riguarda tutta la filiera. Solo così è possibile “degustare con piacere un bicchiere di vino ad occhi chiusi”, con fiducia e consapevolezza.
Il ruolo della Comunicazione. Per poter degustare ad occhi chiusi occorre “fare aprire gli occhi ai consumatori”. Così Roberto Rabachino sintetizza il ruolo della Comunicazione. L’informazione deve accompagnare il progetto per educare e infondere fiducia. Dentro ogni bicchiere di vino c’è sempre il sacrificio di donne e uomini, la comunicazione deve servire anche a raccontare questo, da qui l’importanza di un’etichetta che garantisca Sostenibilità. Il logo Magis è sintesi eloquente del progetto: linee e colori evocano la naturale conformazione dei vigneti italiani, con una semplicità che infonde fiducia.
Al termine della conferenza, dopo la consegna delle certificazioni alle aziende vinicole, la parola passa all’Amministratore Delegato di Bayer CropScience Italia, Karina von Detten:
Sono orgogliosa di ricevere oggi questo riconoscimento che va a tutti i nostri collaboratori perché hanno creduto e attivamente sostenuto la crescita di un progetto che, con la certificazione dei primi vini, è destinato a diventare un emblema della sostenibilità e del “fare di più, sempre meglio” come vocazione e modello etico di riferimento.

martedì 12 novembre 2013

UN TUFFO NEL CIELO STELLATO DI VENEZIA


Da roccaforte industriale a gioiello architettonico della Giudecca, l’Hotel Hilton Molino Stucky Venice trasforma la storia in arte e la tradizione in eleganza



“Venezia, metà donna, metà pesce, è una sirena che si disfà di una palude dell'Adriatico.”
Così scriveva, con tocco immaginifico, Jean Cocteau nel ‘37. Questo simbiotico intreccio tra creatura femminea e acquatica nasce non solo dalla naturale compenetrazione di Venezia con il mare ma anche dalla fisionomia geografica: visto dall’alto, il profilo lagunare somiglia infatti a quello di un pesce. Ne emerge una Sirena che, con seducente sensualità, innamora il viandante di passaggio. L’acqua è l’anima di Venezia, le scivola dentro e la circonda, come a volerla abbracciare e proteggere, strappandola e donandola al tempo stesso alla terra. La città è un labirinto di corridoi e salotti, dove si cammina sempre dentro senza essere mai veramente fuori. Il gioco di calli, campi e campielli prende per mano, e forse anche un po’ in giro, come fosse sempre carnevale. Uno degli argomenti più attraenti di Venezia è lo sposalizio tra arte e storia che invita il turista al piacere non solo estetico ed estatico ma anche culturale e intellettuale. La chiese e i palazzi affacciati sui canali raccontano infatti secoli di avventure, conquiste e vittorie, rendendo Venezia la Sirena più attraente del Mondo.

L’isola della Giudecca e l’antico Mulino
Uno degli storici palazzi veneziani era, in origine, un magnifico mulino per macinare il grano. Oggi è l’Hotel Hilton Molino Stucky Venice che, con il suo glorioso passato, valorizza la bella Isola della Giudecca, la più grande della città lagunare. “Giudecca”, in dialetto istriano, indicherebbe il mestiere di conciare le pelli ma il termine rimanda anche al concetto di “giudicato”, sentenza con cui nel IX secolo la Repubblica attribuiva i terreni a nobili esiliati.
Storicamente la Giudecca fu sede di conventi e oasi di villeggiatura della nobiltà veneziana. Fulcro di un vivace fermento culturale, l’Isola fu anche palcoscenico di molti eventi mondani animati da personaggi eccentrici come Giacomo Casanova, Wolfgang Goethe e Lord Byron. Con l’avvento dello sviluppo industriale, la Giudecca venne colonizzata dalla famiglia Stucky con i suoi ambiziosi progetti industriali, tra cui il Molino con il suo pastificio.
Oggi, grazie al “Progetto Giudecca”, l’isola è un simbolo non solo culturale ma anche architettonico, grazie alla saggia reinterpretazione del passato armonizzato con il presente.

L’Hotel Hilton Molino Stucky Venice
E’ il gioiello dell’isola. Il primo progetto del Molino risale al 1884 per volontà dell’industriale svizzero Giovanni Stucky. Dopo numerosi e successivi ampliamenti, il pastificio famoso per la Superpasta Stucky, raggiunse 30.000 mq di superficie con una produzione di 50 tonnellate di farina al giorno, dando un contributo decisivo all’economia di Venezia. Con i conflitti mondiali e l’incalzare della concorrenza, il Molino s’è avviato al declino fino alla cessazione dell’attività fino a che il Ministero per i Beni Culturali non l’ha resuscitato in un maestoso complesso alberghiero.
L’attuale Hotel cinque stelle, inaugurato nel giugno del 2007, è frutto del sapiente restauro di 13 edifici dell’antico Molino di cui conserva negli arredi interni suggestive tracce. Questo moderno capolavoro veneziano, simbolo della città lagunare, coniuga mirabilmente intimità e spazio, boiserie e luminosità, un’armonia architettonica che culmina nella torre neogotica a due passi dal cielo. Pur essendo un’oasi di pace, l’Hotel è raggiungibile in soli 30 minuti di barca dall’aeroporto Marco Polo e 15 dalla stazione ferroviaria di Venezia Santa Lucia, ed è vicinissimo alle vetrerie di Murano.
L’Hotel Molino Stucky Venice offre 379 camere di diverse tipologie in un crescendo di eleganza: dalle Guest Room alle Junior Suite, fino alle 5 Tower Suite. Il top è rappresentato dalla Presidential Suite, alla sommità della torre, una vera nicchia di lusso con accesso privato, che accoglie le opere pittoriche dell’artista Marco Nereo Rotelli.
L’Hotel vanta il più ampio e moderno centro congressi di Venezia che, con una superficie complessiva di 2.600 mq, gli ha valso due premi per miglior Conference Hotel in Europa e in Italia. Un’invitante piscina all’ultimo piano e un centro Spa completano l’accoglienza, insieme naturalmente ai 5 Ristoranti e Bar: Aromi, Il Molino, Bacaromi, Rialto Bar & Lounge,
SkyLunch Pool Restaurant e l’imperdibile Skyline Rooftop Bar, all’ottavo piano. Lo Skyline è uno dei locali più cool d’Italia, premiato dal Gambero Rosso tra i Migliori Bar del nostro Paese. Attrattiva del locale, oltre al cielo stellato che nei notturni veneziani fa da contraltare alle luci della laguna, sono i cocktail del barman Riccardo Semeria, reduce di una lunga esperienza nei locali più eleganti del mondo. Altra chicca dell’Hotel è la Piazzetta Nutella, uno spazio gourmet allestito in un arioso campiello, dedicata alla crema spalmabile più amata al mondo.
Uno dei segreti del crescente successo dell’Hilton Molino Stucky Venice è senza dubbio la sua gestione. Il General Manager Alessandro Cabella, al rigore di un’oculata gestione dal respiro internazionale, sposa grande sensibilità e rispetto per le persone che con lui collaborano. Quest’armonia di squadra fa dell’Hotel una grande famiglia e infonde all’ospitalità un particolare calore, apprezzato sia dai turisti stranieri sia da quelli italiani. In vista del nuovo anno e dell’Expo 2015, la Direzione ha in programma nuove ambiziose sfide per far sì che l’Hilton Molino Stucky Venice brilli di stelle sempre più lucenti.



Il Ristorante Bacaromi
Il “bàcaro” è la tipica osteria veneziana dove, anticamente, si consumavano semplici spuntini insieme a un calice di buon vino (la cosiddetta”ombra”, dall’abitudine di seguire l'ombra del campanile per proteggere il vino dal sole, quando ci si riuniva nei campielli).
Il Ristorante Bacaromi dell’Hotel Hilton Molino Stucky Venice, con un design contemporaneo dall’appeal accattivante, interpreta quest’antica tradizione. La cena, servita anche sulla terrazza, ripercorre i sapori tipici della cucina veneziana, con una scelta attenta delle più gustose proposte gastronomiche locali. E’ questo il concept innovativo del Bacaromi: la Cicchetteria Veneziana che attrae non solo i numerosi ospiti stranieri ma anche i veneziani fedeli ai sapori autentici.
L’atmosfera accogliente del Bacaromi abbraccia non appena varcata la soglia. Gli arredi e le decorazioni vintage si armonizzano con il pavimento mosaicato e ogni dettaglio pare narrare la storia della Venezia che fu. Il tutto presentato all’insegna del glamour e della modernità: i tavoli e le sedie sono del noto architetto Paolo Lucchetta, mentre i cicchetti sono opera dell’Executive Chef Ivan Catenacci, regista di un repertorio gastronomico che stupisce e appaga dall’inizio alla fine. Anche oggi, come un tempo, l’ombra – ovvero il vino - è protagonista al Bacaromi e ogni etichetta proviene rigorosamente dal Triveneto, imbottigliata direttamente dalla damigiana. I cinque cicchetti tipici e i piatti creati dall’Executive Chef compongono il menù rilegato in sughero, scritto in dialetto veneziano e in lingua inglese, menù che giostra dal Fritto Misto alla Pasta e Fasoi.
“L’apertura del Bacaromi è un’ulteriore testimonianza del nostro impegno a rivisitare l’offerta food&beverage del nostro Hotel, nel segno della gastronomia e del design contemporaneo” - sottolinea con soddisfazione il General Manager Alessandro Cabella - “Partendo dalla base della tradizione, ci divertiamo a reinventarla, proponendo piatti classici della cucina locale ed esaltando i prodotti della nostra terra.”

lunedì 4 novembre 2013

Il "Social Autumn"



Facebook 
somiglia all'autunno.
Le amicizie virtuali spuntano come funghi,
quelle reali diradano come foglie.

venerdì 1 novembre 2013

LIBERO OLIO IN LIBERO STATO


Libera riflessione di una libera consumatrice di libri e di Olio



Ogni volta che mi appresto a leggere un testo di Luigi Caricato mi predispongo a uno stato di psicologico benessere. So già che, sin dalle prime pagine, non solo imparerò qualcosa di nuovo ma parteciperò anche di quel modo appassionato e seducente che contraddistingue il suo stile letterario.
Da amante profana dell’Olio, anche questa volta leggendo “Libero Olio in libero Stato” ho imparato molto. Per esempio, che si può raccontare la millenaria storia dell’Olio con la stessa fluida leggerezza propria di quel filo di succo da olive che scorre sul piatto: quella fluida leggerezza che somiglia alla poesia, alla musica, alla femminilità. Si può imparare con piacere come e perché, nei secoli, l’Olio sia diventato definitivamente “democratico”, passando da prodotto pregiato riservato a pochissimi ad alimento pienamente fruibile a chiunque lo desideri. Perché, poesia a parte, oggi l’Olio da olive non rappresenta semplicemente un cibo ma anche un potente strumento sociale ed economico, avendo radunato intorno alla medesima categoria merceologica tutte le classi sociali.
Da lettrice e consumatrice, ho anche capito perché a questo processo di democratizzazione si debba affiancare un costante impegno sinergico verso una qualità sempre più ambiziosa (da parte di chi produce), insieme a un senso di consapevolezza sempre più diffuso (da parte di chi consuma).
Paradossalmente, come spiega Caricato, l’olio da olive è un prodotto semplice, immediato, lineare. E la semplicità è spesso difficile da spiegare. Tuttavia, un fatto diventa chiaro dopo aver letto il libro: che se dall’esterno il mondo dell’Olio si presenta composto e avvolto da una calma apparente, in realtà è perennemente agitato da correnti e controcorrenti che minano, a volte, obiettivi comuni di successo.
Qui entra in gioco l’accalorata passione con cui Caricato denuncia una realtà italiana tentacolare, di cui politica e sindacalismo sarebbero responsabili attraverso infestanti intrusioni in un mondo agricolo già osteggiato da vicini molto competitivi. Denuncia che si pone tuttavia come punto di partenza e non d’arrivo, quale spunto di confronto per un sano dialogo costruttivo nel bene dell’Olio.
E allora capisco anche il perché di questo titolo “Libero Olio in libero Stato”: l’allusione alla storica concezione separatista potrebbe oggi estendersi anche alla separazione tra Olio e Stato, restituendo così al succo da olive quella semplicità, immediatezza e linearità che lo rendono ciò che essenzialmente è: un concentrato di salute e piacere.
E siccome nei suoi scritti, oltre all’informazione e alla passione, Caricato aggiunge sempre un tocco di originalità, ho apprezzato molto le note a fondo di ogni capitolo. Sì, proprio quelle che di solito uno non legge, che invece in questo Pamphlet sono piacevoli oltre che utili. Ogni nota è un consiglio di lettura, un link ad altri testi eloquenti e coerenti col tema trattato. In particolare, l’ultima nota al termine del “Manifesto per il risorgimento dell’olio italiano”, la dice lunga e con queste parole dell’autore, con cui mi trovo perfettamente d’accordo, consegno a voi la lettura di questo libro:
“Consiglio: leggete e diffondete questo libello, nel nome dell’olio da olive e di quanti ci mettono l’anima nel proprio lavoro, pur di offrire un olio “democratico”, destinato a tutti e a beneficio di tutti, senza distinzione alcuna di razza, sesso, religione o ideologia…”