Le pareti del suo studio, in
origine bianche, tradivano il vizio di fumare parecchio. Unico ornamento a quel
candore annerito, un ritratto di Jean-Jacques Rousseau che pareva scrutare
dalla grande finestra affacciata sulla chiesa di fronte. Soffriva di
stitichezza; si rifiutava di pranzare se alla tavola non fossero presenti tre o
nove commensali; la sua grafia era orribile; non aveva amici e tanto meno
amanti; annotava tutto minuziosamente, comprese le medicine che gli venivano prescritte
e che prendeva in dosi doppie o dimezzate a seconda dei propri capricci.
Nietzsche lo disprezzava, Goethe non lo capiva. Insomma, come spesso accade, un
genio resta un incompreso, lui compreso: Immanuel Kant.
Il più profondo e rivoluzionario
pensatore dell’Illuminismo non sembrava, infatti, un granché. Gracile, di bassa
statura, dal carattere spigoloso, rigido, eccessivamente prudente e meticoloso
fino al maniacale, era regolare come il più regolare dei verbi regolari. Nella
sua consuetudinaria tetraggine, Kant aveva tuttavia coltivato un’abitudine
particolarmente piacevole, quella di passeggiare. Quando i suoi vicini lo
vedevano spuntare sulla soglia di casa, con indosso il soprabito grigio e il
bastone in mano, sapevano con certezza che erano le tre e mezza in punto.
Infatti, tutti i giorni, immancabilmente in ogni stagione dell’anno e in
qualsiasi condizione meteorologica, Kant si avviava a passo lento verso il
viale di tigli, spesso seguito dal fedele servitore Lampe con un provvidenziale
ombrello sottobraccio. Pare che il filosofo amasse passeggiare lentamente e in
assoluto silenzio, respirando scrupolosamente solo dalle narici. Meglio il
silenzio, infatti, del raffreddore!
Evidentemente, quel gran genio di
Kant aveva inconsapevolmente scoperto i segreti benefici di una camminata
all’aria aperta e molte delle sue idee le ha sicuramente concepite lì, sotto le
fronde dei tigli carezzate dall’aria frizzante. Una bella passeggiata è,
infatti, salutare non solo per il corpo ma anche per la mente e la meditazione
è di gran lunga più creativa mentre si cammina, piuttosto che durante il relax.
Oggi lo si sa anche grazie alle tecniche di brain imaging che esplorano il
cervello durante ogni tipo di attività, rivelando informazioni affidabili e un
tempo solo intuibili. Cosa succedesse esattamente nel cervello di Kant mentre
passeggiava non lo sapremo mai, mentre possiamo spiegare il funzionamento
cerebrale di noi comuni mortali che, pur non essendo equipaggiati di idee
altrettanto geniali, abbiamo a disposizione tecnologie straordinarie per
scrutare i meccanismi del pensiero.
Tra mente e corpo c’è un dialogo
costante e tutti i nostri pensieri si materializzano nel cervello scatenando
reazioni biochimiche che producono effetti certi e dimostrati. Quando si cammina,
dunque, l’emisfero destro del cervello – quello normalmente più silenzioso - è
particolarmente attivo, mentre il sinistro – il più chiacchierone - viene
praticamente messo a tacere. La conseguente sensazione di benessere e di
leggerezza che proviamo passeggiando dipende proprio da questo e, in
particolare, dalla produzione di onde alfa presenti nell’emisfero destro che, a
loro volta, stimolano la secrezione dei cosiddetti ormoni della felicità,
ovvero le endorfine. A dire il vero, il rapporto tra onde alfa e endorfine
somiglia un po’ a quello tra l’uovo e la gallina: indipendentemente da quale
dei due nasca prima, è certo che sono intimamente connessi. Lo stadio alfa sta
a metà tra lo stato di veglia (beta) e quello di sonno profondo (teta e delta)
e la sua naturale induzione al rilassamento consente un abbassamento della
soglia di coscienza tale da aprire la porta al subconscio senza tuttavia
sprofondare nel sonno. Durante questa fase, incoraggiata dall’attività del
camminare lento e prolungato, viene rilasciata la beta-endorfina che, oltre a
suscitare una sensazione di diffuso benessere, stimola anche quei piccoli
talenti creativi sopiti nel cervello di ognuno di noi. A tutti sarà capitato di
dannarsi invano al computer in cerca di un’idea, per poi uscire a far due passi
dalla disperazione ed essere improvvisamente illuminati dal lampo di genio. E’
una dimostrazione di come l’attività intellettuale d’alto livello abbia bisogno
della parte più emozionale e immaginativa del cervello, anziché di quella logica
e razionale. Si potrebbe persino dedurre, così, che in ogni cervello si
nasconda qualche prodigioso talento e che chiunque riesca a risvegliare certe
attitudini sopite, possa trasformarsi in un potenziale Kant, magari più
socievole e meno maniacale.
A proposito, l’illuminato genio
visse fino a ottant’anni, nonostante i fastidiosi acciacchi e le snervanti
fisime, e per quell’epoca era già un bel traguardo. In base alla sua
esperienza, e con il senno di poi, ai suoi tre imperativi categorici avrebbe
potuto aggiungerne un quarto: “Passeggia
tutti i giorni almeno per un’ora, in modo da trasformare ogni tuo pensiero in
un lampo di genio di valore
universale”. Magari ci aveva pensato, rendendosi conto però che uno stolto
non sarebbe diventato un genio nemmeno correndo per tre ore consecutive al
giorno.
Così, deve aver rinunciato, con buona pace del prossimo e delle
beta-endorfine!
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